Cinque stelle spaccati sul caso Bottamedi Altri addii nella base

La delusione di due attivisti storici. Bertagnin: «C’è chi cerca solo visibilità». Ferrari: «Essere duri e puri non basta»


di Chiara Bert


TRENTO. Due consiglieri eletti in consiglio provinciale nell’ottobre del 2013. Una dei due che se ne va, dopo soli nove mesi, accusata di tradimento, ma a sua volta lanciando accuse pesanti al movimento. Il bilancio non è dei migliori per i Cinque stelle trentini. Che non sono diversi dai grillini del resto d’Italia, e dopo l’entusiasmo del trionfo in parlamento nel 2012, oggi fanno i conti con le divisioni interne. E con l’addio - o meglio sarebbe dire la cacciata - della capogruppo provinciale Manuela Bottamedi.

Due fazioni si confrontano dentro la base: da una parte i duri e puri, fedeli alla linea isolazionista del capo, “non parliamo con nessuno”, “noi siamo diversi da tutti gli altri”, chi non rispetta le regole è fuori; dall’altra i più flessibili e autonomi, più disponibili al confronto, pronti mettere in discussione i diktat di Grillo e Casaleggio.

Il «caso Bottamedi» ha scoperchiato tensioni che già covavano nella base pentastellata. E il dibattito su Facebook, seguito allo sfogo di Filippo Degasperi (l’altro consigliere provinciale) che ha accusato la collega di «tradimento», è illuminante. Il 90% si schiera con Degasperi: chi chiede le dimissioni di Bottamedi, chi la bolla come «mela marcia», «attaccata alla poltrona», una che non ha accettato le regole, che non si è confrontata con la base. Voleva la visibilità, e voleva tenersi i soldi - è l’accusa - e quindi ha tradito. Paolo Vergnano sentenzia: «Mai più candidati con precedenti politici» (il riferimento è a Bottamedi e alla sua esperienza nell’Upt, ndr). C’è perfino chi grida al complotto: «I poteri volevano mettervi uno contro l’altro perché stavate scardinando il sistema».

Ma tra le tante reazioni si intravedono le crepe, delusione che a volte si trasforma in disillusione. Leggere Milena Bertagnin, attivista della prima ora e in prima linea, candidata alle politiche a Rovereto: «Purtroppo il popolo italiano è sceso molto in basso negli ultimi decenni, corruzione, ladrocinio, disonestà, egoismo e protagonismo non fanno paura ma anzi vengono tollerate se non ammirate...Purtroppo il M5S è composto anche da qualcuno di questi italiani che non si spendono per gli altri ma per se stessi. Da tempo non seguo più, delusa dagli italiani e da certe persone che bazzicano nel movimento solo per il proprio tornaconto e per avere visibilità».

Martino Ferrari è stato uno dei giovanissimi militanti: «Anch’io mi sono distaccato - spiega al telefono - ho l’impegno dell’università ma la litigiosità a livello locale e una certa linea nazionale hanno pesato per me e per altri. Stimo il lavoro di tanti parlamentari 5Stelle, nel merito sono quasi sempre d’accordo, ma sul metodo no. Certi modi non mi convincono, essere tosti e duri ci sta ma le urla da sole non pagano, serve un minimo di realismo, sporcarsi un po’ le mani». «Dopo l’entusiasmo, ti scontri con la realtà. Se vuoi cambiare le cose qualche compromesso lo devi accettare».

Sui social sono molti a invocare spiegazioni su quanto è accaduto. «Chissà se i trentini ci giudicheranno, dopo il recentissimo e gravissimo episodio, capaci di intendere e volere», avverte Alvaro Tavernini, «ho sempre cercato di dare il massimo contributo come molti di voi ma in questi ultimi tempi sto assistendo ad attacchi ad personam che non mi piacciono e mettono a dura prova anche i più tenaci. Se non riusciamo a rimanere uniti la disfatta è assicurata».

«Quello che è successo va metabolizzato a mente fredda, senza isterismi, altrimenti cadiamo nell'errore imperdonabile di creare tifoserie e spaccare il movimento, per favore», è l’appello di Luca Giacomoni. Rino Bottari non fa sconti: «Ora che finalmente l'obiettivo di alcuni è raggiunto a chi verranno indirizzate le prossime invettive talebane? Complimenti dove non riescono le altre forze politiche siamo riusciti noi a eliminare un nostro portavoce. Attenti che ne rimane solo uno». E chiosa: «A me le esecuzioni sommarie non sono mai piaciute».

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