Cimitero “sotto pressione” ma il sistema per ora regge 

Questione di organizzazione. Il carico è cresciuto del 30% e il personale si è ridotto Il funzionario Tassone: «Abbiamo dovuto limitare a 48 ore la permanenza delle salme»



Trento. Nulla è più come prima, anche al cimitero. oltre alle modalità di celebrazione dei funerali, è cambiata l’organizzazione dei servizi garantiti dal comune di trento, gravato da un carico di lavoro maggiore (del 30% secondo una stima interna) a fronte di una riduzione di personale e con un modo di lavorare che è esso stesso necessariamente cambiato (basti pensare alle cautele sanitarie da adottare).

Quello che il comune cerca di evitare, con una buona dose di buonsenso e di umanità (requisito, questo, indispensabile per svolgere un compito così delicato) è di aggiungere ulteriori ostacoli ai familiari del defunto, già costretti a una serie di ristrettezze, non ultima quella di dare un addio più “sbrigativo” e con un numero assai limitato di persone al “caro estinto”.

Cominciamo subito con lo smentire le voci circolate (ma riferite probabilmente ad altri contesti, come quello lombardo) che i defunti per coronavirus non possano essere “salutati” prima della chiusura della bara: «non c’è autorità sanitaria che abbia detto che il defunto da covid sia infettivo in sè», spiega joseph tassone, funzionario dei servizi funerari del comune di trento. «è ovvio che delle precauzioni si devono prendere, come si devono rispettare le disposizioni del governo, della provincia e della curia. ma le salme si possono vedere, assolutamente sì. l’importante per noi è essere sicuri che non venga a visitare la salma qualcuno che è stato in contatto in precedenza con la persona e quindi possa essere portatore di contagio».

Quanto al numero di persone che possono presenziare alle esequie, anche qui non c’è un numero massimo da rispettare: «l’unico criterio che adottiamo è quello della distanza interpersonale. in ogni caso le persone sono scoraggiate dal venire dalle stesse norme e al cimitero vediamo soprattutto la stretta cerchia dei familiari. non sta a noi comunque verificare il grado di parentela».

Attenzione alla persona viene usata anche nell’utilizzo degli spazi: «dove prima ci stavano tre bare, oggi ne mettiamo quattro, ma va garantita sempre la dignità della salma e dei parenti». e proprio questo è il problema principale di chi deve svolgere il servizio ai tempi del coronavirus. «non siamo in emergenza ma in allerta sì. bisogna considerare che su trento insiste il maggior ospedale della provincia e gravano sul capoluogo un buon numero di case di riposo e di altri ospedali, tanto che in questo momento non facciamo più il servizio di trasporto fuori dal comune. ci siamo dovuti dare regole organizzative in anticipo sui tempi di permanenza delle salme nelle camere obitoriali: le imprese funerarie che devono trasportare chi muore a trento nel paese d’origine sono oberate di lavoro e ci chiedono di dilazionare i tempi, ma non possiamo tenere lo spazio occupato per più di un certo limite: 48 ore è già eccessivo. ci vengono anche chiesti rinvii per attendere che un congiunto esca dalla quarantena e non sempre possiamo garantire a tutti le risposte volute. noi cerchiamo comunque di ragionare il più possibile con le persone».

Nulla è come prima, si diceva. «in questo momento rendere onoranze funebri è estremamente complicato e questo è solo in minima parte legato al numero dei decessi. le restrizioni fanno sì che tutto sia diventato diverso. anche l’aggravio in termini di tempo è enorme. se prima il dolente rimaneva un’ora nei nostri uffici per svolgere le pratiche, ora ci sono problemi logistici dovuti agli spostamenti delle persone che rallentano tutto. per esempio, per la cremazione serve il benestare della maggioranza dei membri della famiglia e se questi sono il coniuge e tre figli significa che devono venire in tre, con le difficoltà che questo comporta».

L’emergenza covid non ha tuttavia causato un ricorso maggiore alla cremazione, che continua ad assestarsi attorno al 60-70% dei defunti. «trento è convenzionata con il forno crematorio di mantova che serve un bacino enorme e tra i più colpiti. tuttavia c’è grande collaborazione e i ritardi, pur presenti, non sono insostenibili».

Infine, come dicevamo, c’è il problema del personale, che è stato ridotto per questioni sanitarie. «ci siamo organizzati in due squadre, sia tra gli amministrativi che tra gli operai cimiteriali - conclude tassone - in modo da garantire il servizio e la salute dei colleghi ». L.M.













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