Case Itea, frenata sul piano straordinario
Giunta orientata a non completare gli alloggi: «Con meno risorse scelte da rivedere»
TRENTO. Che il piano straordinario di edilizia abitativa varato dalla giunta nel 2007 (9 mila nuovi alloggi in dieci anni) fosse ambizioso era apparso subito chiaro. Ma le sfide - si sa - non hanno mai spaventato il presidente Lorenzo Dellai. Il governatore, tuttavia, non poteva immaginare che a distanza di appena quattro anni il mondo sarebbe cambiato radicalmente, con una prima recessione faticosamente superata in Trentino e una nuova fase di profonda crisi economica che sta costringendo il governo Berlusconi a varare una manovra «monster».
In questo contesto di grave contrazione economica la giunta provinciale ha iniziato a fare di conto, cercando di capire dove e come intervenire. L'esecutivo provinciale ha garantito che la spesa per il sociale e per la sanità non verrà intaccata, il problema è che 180 milioni di euro (tanto «vale» il piano straordinario) in tempi di crisi non sono pochi e rischiano di rappresentare un lusso che il Trentino non si può più permettere.
Nelle settimane scorse l'assessore competente, Ugo Rossi, ha spiegato la situazione ai sindaci trentini durante uno degli incontri del Consorzio dei comuni. Le motivazioni che hanno indotto la giunta a valutare un ridimensionamento del piano straordinario sono varie. Innanzitutto l'introduzione della cedolare secca, misura voluta dal governo per portare a galla gli affitti «sommersi».
La misura, in effetti, sta dando i risultati sperati e in Trentino si stima che gli appartamenti riemersi alla luce potrebbero essere un 20%, tutti alloggi che possono rientrare nella disponibilità del piano straordinario senza che la giunta provinciale sia costretta a costruirne di nuovi. Ancora: il nuovo regolamento per l'accesso alle case Itea introduce una serie di vincoli che - nelle intenzioni dell'assessore Rossi - dovrebbero garantire che gli alloggi vadano effettivamente a chi ne ha bisogno, liberando alloggi finora occupati in base a criteri giudicati «discutibili». Più peso alla residenza; accesso alla graduatoria anche alle coppie di fatto; esclusione dalle graduatorie per chi non accetta la sistemazione e aumento degli affitti medi («oggi tra i più bassi d'Italia,», chiarisce Rossi) dovrebbero essere misura in grado di rendere meno stringente la necessità di costruire nuovi alloggi in futuro mettendo mano solo alle reali necessità.
La giunta provinciale fa grande affidamento sul fondo immobiliare pubblico-privato per la realizzazione degli alloggi Itea, ma il fatto è che ad un terzo del cammino il bilancio è positivo per quanto riguarda la parte del «sociale» mentre registra un ritardo quanto agli alloggi a canone moderato. Ora ci si mette pure la crisi finanziaria e la pesante riduzione di risorse che il Trentino dovrà affrontare nei prossimi anni.
«E' indubbio - spiega l'assessore Rossi - che la mutata situazione economica ci impone di razionalizzare le scelte e spendere ancora meglio di quanto già non facciamo i soldi pubblici. Alla luce di tutto questo sono convinto che gli investimenti nella costruzione di alloggi pubblici vadano rivisti. Non dimentichiamoci, però, che i nuovi criteri che abbiamo adottato ci dovrebbero consentire - già essi - di evitare di costruire nuove case e dunque credo che l'eventuale decisione di non completare il piano da 9 mila alloggi in dieci anni non lascerà alcun trentino che ne abbia diritto senza un alloggio pubblico».
Proprio qualche settimana fa - quando però il governo non aveva ancora varato la manovra bis da 45 miliardi di euro che colpisce, soprattutto, le risorse degli enti locali - la giunta provinciale aveva deciso di incrementare di 15 milioni di euro gli stanziamenti per il piano straordinario. L'assessore Rossi sottolinea però un altro aspetto interessante: «Anziché costruire case nuove - dice - dovremo essere bravi ad utilizzare il patrimonio già esistente. Questo avrà ricaduto anche ambientali, con meno consumo di territorio soprattutto sull'asta dell'Adige che è la più martoriata».