«Cari ragazzi, tornate alla terra»

La lezione di Petrini (Slow Food) ai liceali di Cles


Andrea Selva


CLES. «Cari ragazzi, tornate alla terra, perché non si vive mangiando computer ed è dall'economia primaria del cibo che si parte per uscire da questa crisi. Fortunato chi lo capirà per primo». Ecco l'appello che Carlo Petrini (Slow Food) ha lanciato ieri ai 500 giovani del liceo Russel e dell'istituto Pilati riuniti in Auditorium. Poi ha chiesto: «Chi tra di voi ha intenzione di campare di agricoltura?». Si sono alzate le mani di sei ragazzi, subito chiamati sul palco per una stretta di mano: «Complimenti, sarà dura, ma non scoraggiatevi: voi siete i miei eroi». Doveva essere una lezione sul cibo, è diventata una lezione di vita, applausi dall'inizio alla fine.

Ci sono insegnanti che faticano a tenere buona una classe di venti studenti, figuriamoci cinquecento. Ma ieri tutti zitti quando il (professor) Petrini, sociologo laureato a Trento, fondatore di Slow Food, ha preso la parola al liceo di Cles su invito dell'associazione culturale Perché e della Condotta Slow Food Terre del Noce.

Prima il messaggio che tutti si aspettavano: le raccomandazioni a non sprecare il cibo e soprattutto l'acqua ("perché le guerre per le risorse idriche sostituiranno quelle per il petrolio"), l'invito a ricordare le ricette dei nonni ("quasi tutti hanno un nonno contadino") che partendo dagli avanzi di cucina hanno creato le tradizioni gastronomiche di intere vallate. Gli stessi avanzi che noi oggi gettiamo nel cestino.

E poi l'appello ai giovani, in una valle agricola come la valle di Non: «Tornate alla terra». Ma come si fa a chiedere ai giovani di fare i contadini - ha detto Petrini - quando le carote vengono pagate la miseria di 9 centesimi al chilo e il latte 26 centesimi al litro? «Eppure bisogna ritrovare l'orgoglio di questa professione, il contadino, l'intellettuale della terra che certo non vale meno di un giornalista, di un professore, o di un avvocato».

I computer non si mangiano (Petrini l'ha ricordato più volte) ma i contadini del futuro (i nuovi eroi secondo il fondatore di Slow Food) li useranno per studiare e navigare in rete: «Nessuno vuole tornare all'agricoltura povera di una volta».

Agricoltori intelligenti che per sopravvivere dovranno essere sostenuti dai consumatori: «Guardate bene questi vostri compagni - ha detto Petrini, indicando i sei futuri agricoltori alla platea dei cinquecento - e ricordatevi di andare a comprare i prodotti da loro, non dalla grande distribuzione, altrimenti verrò io personalmente a cercarvi, nonostante i miei sessant'anni».

Cari giovani, fate i contadini. Ma quelli di ieri erano studenti del liceo. Poco importa: «Ce l'avete un orto qui a scuola?» ha chiesto il professor Carlo. Mormorio imbarazzato in sala. «Niente orto? Ma che vi insegnano qui a scuola? Fatevi l'orto - ha continuato Petrini - magari al posto del parcheggio (dove però ieri non c'era un posto libero, ndr) come hanno fatto i vostri colleghi di San Francisco che ho visitato di recente: rendete fertile il terreno, piantate un seme, accuditelo, guardate che succede, raccogliete i prodotti della terra e soprattutto mangiateveli con gusto anche se non sono perfetti come quelli che vendono nei supermercati, vetrine di frutta e verdura dove conta soprattutto il fattore estetico».

Partire dal cibo (il grande dilemma: ce ne sarà per tutti?) per cambiare il mondo. Come fare? «Sostenete l'economia locale, i prodotti della vostra terra».

Ma in valle di Non ci sono solo mele. E Petrini l'ha detto chiaro: «Prodotto d'eccellenza il vostro, come il vino. Eppure non di sole mele e vino vive l'uomo». E nemmeno di speck (questa volta la bacchettata è toccata all'Alto Adige) con milioni di maiali che in pianura vengono allevati (e inquinano) per produrre speck e prosciutti.

In un'Italia dove i pomodori li raccolgono gli africani, le mucche le mungono gli indiani, gli alpeggi valdostani li tengono i polacchi e l'uva del Barolo la vendemmiano i macedoni per Petrini sarebbe un gran successo se quei sei "eroi" che ieri hanno alzato la mano al liceo di Cles facessero veramente i contadini: «Perché da questa crisi si esce tornando alla terra».













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