«Caporalato, fenomeno diffuso la Provincia ponga dei freni»
Il sindacato dopo il clamoroso caso di sfruttamento a Aldeno. Alotti e Tancredi (Uil): «Esistono società e finte cooperative create ad hoc per gli appalti: spesso applicano contratti “pirata” e se scoperte vengono chiuse»
Trento. Che i due rinviati a giudizio (il titolare della Green Service e il suo vice) per il clamoroso caso di caporalato a Aldeno, dove 90 lavoratori pakistani venivano sfruttati con orari fuori da ogni regola (fino a 27 ore di lavoro consecutive, a 4 euro l’ora) siano stranieri, spiega Walter Alotti (Uil) è un aspetto fuorviante. «Si tratta di un fenomeno tipico italiano, e molto più diffuso di quanto si pensi. Infatti il servizio lavoro della Provincia si è già attivato per contrastarlo. E i consulenti del lavoro si sono attivati più di una volta, perché a causa di questo malcostume perdono clienti. Ci sono delle società e cooperative che vengono create ad hoc per appaltare specifici lavori, e vengono chiuse in tutta fretta se scoperte dalla Guardia di Finanza. È difficile anche per i finanzieri andarli a scovare. Gli imprenditori sono attratti dalla prospettiva di risparmi consistenti, e per affidare nuovi lavori si rivolgono a queste società, che in principio garantiscono il corretto pagamento di stipendi e contributi, ma poi fanno quello che vogliono. Se vengono scoperti, spariscono. Con modalità differenti: gli stranieri tornano al loro paese, gli italiani invece cambiano società, soci, e ragione sociale, e si ripropongono altrove, come nulla fosse successo. Di solito sono società “intelligenti” pure nella loro malafede, e spesso sono realtà anche grosse. Arrivano in Trentino da fuori regione, soprattutto da Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, spesso si tratta di cooperative “spurie”, cioè camuffate, con soci lavoratori. Che poi, se il gioco viene scoperto, diventano anche parte in causa: oltre che sfruttati, vengono anche danneggiati. Perché gli amministratori di queste finte cooperative non pagano né contributi né sostituto d’imposta, e se l’irregolarità viene scoperta, i lavoratori devono anche risponderne in solido, figurando come soci. Sono truffe purtroppo abbastanza consuete, soprattutto in settori come agricoltura, turismo e servizi e logistica. È un fenomeno che esiste da tempo, ma i lavoratori si accorgono solo dopo di essere stati truffati».
Alan Tancredi (Uil) sta valutando assieme agli altri sindacalisti misure restrittive, per arginare questi sistemi di sfruttamento sistematico. «La prima cosa che mi è venuta in mente è che quando c’è un appalto, c’è qualcuno che commissiona un lavoro. Dunque qualche profilo di responsabilità ci dovrebbe pur essere, per il committente. In questo caso specifico, mi pare sconcertante che il committente non abbia fatto verifiche sulla regolarità dell’azienda subappaltatrice. Con il sistema degli appalti e dei subappalti si crea una catena in cui vengono impiegati anche contratti “pirata”, firmati da sindacati di comodo, di cui fanno le spese i lavoratori, l’ultimo anello della catena. La fonte dà un lavoro in appalto per risparmiare, e spesso quell’incarico viene poi subappaltato. Se non ci fosse alla base questa volontà di risparmiare a tutti i costi, ogni azienda potrebbe tenere in capo a sé quel servizio. Con questo sistema si verificano situazioni inaccettabili: rosicchia di qua, rosicchia di là, si va a incidere sul costo del lavoro. È la natura debole del sistema degli appalti. Bisogna trovare delle forme di tutela per i lavoratori, e verificare sia il rispetto dei termini contrattuali che la tipologia contrattuale applicata. In Trentino accade meno spesso nell’industria, molto più di frequente nel turismo e nell’agricoltura. Quello di Aldeno è un caso anomalo. Ne parleremo con i colleghi confederati per aprire una discussione con la Provincia».