grandi opere

Bypass, mancano 11 mila lavoratori

Il Sindacato di base multicategoriale (Sbm) di Trento, in prima fila nel coordinamento dei comitati cittadini contro la circonvallazione: "Il cantiere darà impiego solo a mille persone"


ANDREA TOMASI


TRENTO. All’appello mancano 11.000 lavoratori. Il calcolo è semplice. A farlo è il Sindacato di base multicategoriale (Sbm) di Trento, in prima fila nel coordinamento dei comitati cittadini che si oppongono alla realizzazione della circonvallazione ferroviaria. Parliamo della mega opera (i primi colpi di ruspa sono stati annunciati per aprile) che consiste in 14 km di tracciato ferroviario (di cui 12 in galleria a doppia canna). Si tratta di un percorso “di servizio” per il sistema ad Alta Capacità ed Alta Velocità promosso da Rfi (Rete ferroviaria italiana): un progetto - sposato da Provincia autonoma e Comune di Trento - per la cui realizzazione è prevista una spesa di un miliardo e 270 mila euro. L’opera è contestata dalla Rete dei Cittadini e dai No Tav. Questi ultimi sono in presidio continuo in via Brennero e si dicono pronti alla resistenza passiva davanti ai bulldozer con cui si abbatteranno le prime case per far posto al tunnel di imbocco a Trento Nord (si sbuca all’Acquaviva di Mattarello dove ora ci sono i vitigni,campagna in parte in affitto e in parte proprietà di Carlo Bertoldi, già ospitato su queste pagine).

Non è stato ancora dato il primo colpo di piccone e già il bypass è diventato il grattacapo principale della politica locale. La bontà dell’opera viene strenuamente difesa dall’assessore comunale alla transizione ecologica Ezio Facchin, braccio destro del sindaco Franco Ianeselli, che considera la circonvallazione ferroviaria il punto di partenza del “piano Super Trento” (in un momento successivo si dovrebbe realizzare l’interramento della stazione ferroviaria, con altri 350 milioni stando alla prima stima).

E per spiegare che il bypass è cosa buona e giusta uno degli argomenti messi sotto la voce “vantaggi” era la ricchezza data dal lavoro: quella derivante dal cantiere e quella dell’indotto perché ci sono in ballo tutte le forniture e poi perché i tanti lavoratori che verranno ad operare sulla piazza trentina spenderanno in loco parte del loro denaro. Ed è su quel “tanti” che arrivano le contestazioni. Il sindacato Sbm evidenzia che nella relazione di sostenibilità si parla di 12 mila lavoratori. Il portavoce Fulvio Flammini sventola il documento e cita le parole usate anche nel 2021, quando si iniziò a parlare dei dettagli dell’opera e se ne colse la portata: «Parliamo di tabelle riguardanti la creazione di posti di lavoro. Impatti complessivi: 12.132 unità Lavorative annue (numero di lavoratori impiegati per un periodo di un anno), suddivise in Unità Lavorative annue dirette (4.679), Unità lavorative annue indirette (4.377), Unità lavorative annue indotte (3.076)». Numeri ipertrofici, nota Flammini. Numeri che poi si sono “ridotti”, asciugati col passar del tempo. «Ma in realtà i lavoratori - denuncia Flammini - saranno meno di un migliaio». Anche il nostro giornale nei giorni scorsi ha riportato il dato: mille persone. «All’appello - fa notare il portavoce del Sbm - mancano circa 11 mila lavoratori». Lo dice con un sorriso amaro, spiegando che a suo avviso «il racconto del bel cantiere che fa del bene all’ambiente, porta sviluppo al capoluogo e porta lavoro ai tanti operai specializzati, peraltro non trentini, che verrebbero impiegati a Trento, è falsato». Poi aggiunge: «Questa storia è un po' tutta falsata».

Non bastavano i veleni delle aree ex Sloi ed ex Carbochimica di Trento Nord, su cui passerà la ferrovia. Non bastavano i timori di smottamenti in via Pietrastretta, sulla collina est e sotto la Marzola. Non bastavano le paure legate al materiale di risulta (per far funzionare le frese servono additivi che finiscono nei residui rocciosi e si tratta di additivi che in parte contengono sostanze tossico-nocive, i Pfas). Ora Rfi deve fare i conti anche con le contestazioni fatte dal sindacato di cui è portavoce Fulvio Flammini, agguerritissimo No Tav della prima ora che ripete: «Anche in questo caso i numeri non tornano». Il Sindacato di base multicategoriale (Sbm)è la prima organizzazione di base nata in Trentino. I fondatori erano prima in Cgil ed in particolare nella Filt, la confederazione che si occupa dei trasporti. Dalla loro uscita - dice chi ha seguito tutte le evoluzioni degli organismi dedicati alla difesa dei lavoratori - non si è più ripresa. Il sindacato di Flammini -può contare su una struttura paritaria, su circa 1000 iscritti e affiliati ma soprattutto su un ufficio legale decisamente attivo.

 













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