Bordon: «Nessuna falla nelle nostre procedure» 

Il direttore dell’Azienda sanitaria: «Solo materiale monouso, personale ascoltato più volte. Se il contagio è avvenuto al Santa Chiara, bisognerà capire come»  



TRENTO. «È stato sentito il personale, è stato visionato più volte il tipo di materiale che usiamo, che è solo monouso, sono state analizzate le procedure. Le relazioni che abbiamo consegnato, anche l’ultima martedì alla Procura, non evidenziano un comportamento che possa indurre ad errori. Ci possono essere ipotesi su cui io non ho evidentemente risposte e soluzioni e su cui ulteriormente indagheremo». Il direttore dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon si attiene a quello che finora è noto. L’indiscrezione sull’esito delle analisi del caso di Sofia le ha lette anche lui sulla stampa: «L’altra sera alle 11 ho consultato il Corriere online e ho appreso la notizia della possibile coincidenza del ceppo. L’Azienda ha da sempre tenuto un rapporto di massima collaborazione con tutte le istituzioni: il Ministero della salute, che aveva nominato una commissione di inchiesta, l’Istituto superiore della sanità, e la Procura di Trento, che ha aperto un’indagine contro ignoti. Noi ci siamo messi a completa disposizione fornendo le informazioni necessarie».

Dal punto di vista dell’Azienda, «abbiamo sempre ragionato ipotizzando il percorso per noi più difficile possibile, cioè che il contagio fosse avvenuto all’interno dell’ospedale», spiega Bordon, «e abbiamo nominato una commissione avvalendoci di un professionista di valore internazionale come il professor Ippolito dello Spallanzani di Roma, che ci ha supportato. Indagine che non ci ha portato a scoprire falle nelle nostre procedure, il che era la nostra preoccupazione principale, per evitare un possibile secondo caso». D’altro canto, aggiunge il direttore, «non abbiamo gli esiti delle indagini molecolari disposte dalla Procura a Verona e dal Ministero all’Iss: non siamo informati ufficialmente di nulla e questo ci dispiace e ci fa esprimere un sentimento di amarezza profondo. Innanzitutto nei confronti dei familiari di Sofia, che apprendono in questo modo questa possibile verità, e anche degli operatori di Pediatria, che sono professionisti di serietà incredibile e che sono molto provati da questa vicenda». «A questo punto - prosegue Bordon - mi aspetto dalla Procura delle informazioni ufficiali. Se vi fosse una conferma della coincidenza del ceppo, questo apre un filone in base al quale il contagio può essere effettivamente avvenuto presso il nostro ospedale, quindi bisognerà capire come. Stante che le nostre indagini interne, come penso anche di soggetti esterni, in due mesi non hanno portato a scoprire una possibile causa: quindi l’amarezza per noi deriva anche da questo».

Direttore Bordon, sotto accusa pare esserci l’utilizzo di aghi per i prelievi, che potrebbero aver portato al contagio tra le bambine del Burkina Faso affette da malaria e Sofia Zago.

L’errore ci può stare perché nessuno è infallibile, ma a noi interessa la serietà delle procedure: le nostre indagini non risparmiano niente e nessuno. Usiamo aghi monouso e il pungidito per l’insulina va escluso perché le bambine del Burkina non sono state sottoposte a questa procedura.

Escluso il contagio con gli aghi, voi avete anche altre ipotesi?

No, sono state verificate tutte le modalità, dal momento dell’ingresso della bambina nel reparto alle dimissioni, i momenti di contatto con professionisti e altre persone sono stati tutti verificati. Se ci fosse una risposta chiara sarebbe emersa da tempo. Siamo in attesa degli accertamenti molecolari, molto importanti. I campioni sono gli stessi.

L’ipotesi di contagio da una zanzara per voi resta in piedi?

Le trappole hanno dato risultati negativi. Non sono in grado di dire se sia un’ipotesi sostenibile.

Potremmo non arrivare mai a una risposta?

Non posso dirlo in base alle mie competenze nell’affermare che questo tipo di refertazione, se confermata, possa automaticamente fare un sillogismo fra refertazione e responsabilità: certamente indirizzerebbe in maniera pesante le possibili cause. Ma certamente non sono emerse dalla nostra indagine interna delle falle nel sistema Potrebbe essere dimostrato che sia avvenuto in ambiente ospedaliero: sul come non so rispondere. Cercheremo di capire quale altre strada intraprendere.

Se dovesse emergere un errore da parte di un sanitario, come procederete?

L’Azienda dovrà tutelarsi in tutte le sedi, ma stiamo parlando di ipotesi perché non abbiamo ancora avuto informazioni ufficiali.

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