Bimbo picchiato in colonia: parroco finisce a processo
Il religioso è accusato di non aver impedito ad un assistente minorenne di alzare le mani più volte su un dodicenne: abuso di mezzi di correzione
TRENTO. Il campeggio estivo era stato organizzato dalla parrocchia: alcuni giorni da passare fra giochi e attività in un’amena località del Tesino. Ma per un ragazzino di 12 anni, la colonia si è conclusa molto velocemente. Dopo alcuni giorni, infatti, ha chiesto ai genitori di poter tornare a casa. Ma il piccolo non era stato colto da un attacco di nostalgia, ma voleva lasciare quel luogo dove era stato percosso più volte. E ora la vicenda è finita davanti al giudice.
Sul banco degli imputati il parroco (di un paese del mantovano) che era il responsabile della colonia. Per lui l’accusa è quella di lesioni e abuso dei mezzi di correzione. Nel senso che il sacerdote, pur avendo l’obbligo giuridico non aveva impedito ad un assistente (minorenne all’epoca dei fatti) di picchiare il ragazzino. Un quadro complicato quello sul quale dovrà decedere il giudice dopo che i difensori del parroco hanno rifiutato il decreto penale di condanna che ammontava a poco meno di 10 mila euro. Nel processo entra anche la famiglia che si è costituita parte civile.
Ed è stata la denuncia dei genitori del 12enne a portare all’apertura di un fascicolo da parte della procura. Che ha ricostruito la vicenda e quindi definito il capo d’imputazione. In base alle accuse che vengono mosse (e questa è la versione della procura, lo ricordiamo) il ragazzino sarebbe stato percosso in diverse occasioni tanto da riportare lesioni ed ecchimosi che - secondo il referto dell’ospedale mantovano cui la famiglia si era rivolta - erano state giudicate guaribili in venti giorni.
Percosse che sarebbero state la «punizione» per il comportamento poco disciplinato del giovanissimo. Ed è per questo che il reato omissivo per il prete è relativo all’abuso dei mezzi di correzione. Una situazione di difficile gestione per il ragazzino che ad un certo punto ha chiesto aiuto ad un adulto che lavorava all’interno della colonia per chiamare mamma e papà. Una delle regole della colonia, infatti, era quella che riguardava il divieto di cellulari per i giovani ospiti, probabilmente per evitare l’isolamento e per favorire invece la socialità. Dopo la richiesta d’aiuto la famiglia è venuta in Trentino a prendere il bambino che è stato quindi portato al pronto soccorso e, ascoltato il racconto, è stato deciso di presentare la querela che si è trasformata nel processo ora iniziato. E al giudice il parroco potrà raccontare come sono andati i fatti che gli vengono contestati.