«Bibite, la tassa ci va di traverso»
Baristi furiosi: «Il lavoro è calato del 20%, vogliono farci chiudere». Ma il Centro consumatori esulta
TRENTO. Se l’aranciata forse non fa bene alla salute, la notizia che il governo vuole tassarla (sebbene il “decretone” sia contrastato da partiti e lobby) ieri ha fatto venire male soprattutto ai baristi. Che temono una nuova contrazione nella spesa dei clienti.
Alessandro Dietre, titolare del ristorante Loto e del bar Plan, ha il dente avvelenato con il ministro Balduzzi: «Il lavoro è calato del 20%, la gente è già infuriata, se aumentiamo le bibite siamo a cavallo... Tutto fa male: il burro, la birra, anche le scarpe, perché non fare una tassa anche sulle scarpe? Una cosa è sicura: aumenterà il prezzo per i consumatori, che quando non ne potranno più, non verranno più da noi e noi ce ne andremo tutti a casa. Intanto cosa dobbiamo fare: venderemo l'acqua. Già nei miei locali la facciamo pagare come quella della bottiglia, perché anche i camerieri bisogna pagarli, come le bollette e l'aria condizionata. A proposito: fa male anche quella, propongo una tassa...» L’alternativa è puntare sul naturale, come le centrifughe. «Attenzione, una centrifuga viene 4 euro, le bibite 3 e servite al tavolo. Non tutti possono permetterselo. La follia è il pretesto che fanno male alla salute».
Irritato anche Luigi Bazzoli, storico cotitolare del caffè Città: «Non è giusto colpire sempre noi. Ci sarebbero altri settori sui quali intervenire prima. Già i consumi sono in caduta libera e bar e ristoranti sono i primi extra che vengono tagliati...». Il Città punta molto sui drink, anche analcolici: «Di bibite gassate ne vanno sempre tante, ma la gente sta iniziando a bere altro, come i centrifugati. Noi proponiamo da sempre dei cocktail analcolici che sono diventati dei veri e propri cavalli di battaglia, come la “Virgin brezza marina”, a base di mirtillo americano che mi procuro personalmente. Oppure le solite spremute fresche, di arancia e pompelmo, che sono sempre buone e dissetanti».
Walter Botto, titolare dei caffè Pasi e Tridente, allarga le braccia: «Siamo davvero alla frutta...». Già, ma la frutta ora può essere la salvezza... «Sì, nei miei locali le bevande gasate sono già calate, a favore di prodotti più naturali: oggi posso dire che si beve meglio. Continueremo a proporre i venerdì del bere responsabile, con drink lievemente alcolici e creati con prodotti naturali, un’iniziativa che ha dato buoni risultati finora».
C’è però chi non transige sulle bollicine (di gas): «Chi beve Coca Cola continuerà a farlo. I consumi non cambieranno, a meno che l’incidenza della tassa sia del 50%... Anche con la benzina non c’eravamo fermati mai, eppure adesso si inizia ad ottimizzare la spesa...».
Non fa una grinza il ragionamento di Aldo Filippo, del Caffè Portici: «Detto brutalmente, noi siamo nel mezzo della catena. Quando il produttore alzerà i prezzi, noi dovremo adeguare i listini. Pagherà il consumatore finale, anche il barista consumatore come me... Nel mio bar ho notato un aumento nel consumo di Coca, dopo la stretta sui controlli stradali: non credo che la richiesta calerà. Io però consiglio sempre una buona centrifuga: con 50 centesimi in più bevi un prodotto sano. Abbiamo anche una linea di spremute e succhi al 100%».
Chi invece plaude alle misure annunciate dal governo è Carlo Biasior, direttore del Centro tutela consumatori di Trento: «Sono favorevolissimo: l'obiettivo è la tutela della salute. Questa è una delle direzioni da prendere per limitarne l'uso. Sarebbe bello però che il ricavato dalla tassa fosse collegato a misure educative, in particolare nelle scuole».
L’Adoc è di tutt’altro avviso: parla di scelta “ipocrita”: «Per me non lo è, semmai ci vuole un intervento sistemico: a livello europeo i piani di azione sull'educazione alimentare sono promossi da anni». Biasior cita la battaglia vinta contro Red Bull: «L'Antitrust ha da poco aperto un altro provvedimento per pubblicità ingannevole nei confronti dell’azienda e molti ricordano la condanna del 2008, inflitta su una nostra segnalazione, per prassi commerciale sleale messa in atto incitando a stili di vita non corretti».
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