«Autonomia, divisi a Roma vuole dire farsi del male»
L’appello del presidente Dorigatti a proseguire (uniti) la revisione dello statuto: «Non lasciamo che le doppie elezioni del 2018 esasperino le posizioni e i toni»
TRENTO. L'idea che, tutto sommato, forse non è poi così urgente varare il terzo Statuto comincia a farsi strada anche tra qualche padre nobile dell'autonomia. Non perché stia venendo meno la tensione ideale, ma per i tempi poco propizi e, soprattutto, per l'incertezza degli interlocutori romani all'indomani del voto nella prossima primavera. Preoccupazione fondata che, tuttavia, suscita nel presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti una reazione di segno diverso. Abbiamo alle spalle più di un anno (anzi, anni) di lavoro, non perdiamoci per strada, dice. Il Trentino ha la necessità di ridefinire le regole sulle quali progettare il proprio futuro. E non può presentarsi impreparato e senza una proposta all'appuntamento con l'Alto Adige.
Il confronto sul terzo Statuto, insomma, è impegno non rinviabile, anzitutto per i trentini. Tanto più che Bolzano, con la Convenzione dei 33, ha già licenziato il proprio testo anche se accompagnato da quattro documenti dissenzienti che segnalano le difficoltà per aggiornare la comune autonomia.
La Consulta, incaricata da Trento di stilare la proposta di riforma, sta elaborando il documento finale che sarà consegnato al consiglio e alla giunta provinciali presumibilmente all'inizio del prossimo anno. Sarà poi compito delle assemblee provinciali produrre due documenti separati da inoltrare al consiglio regionale per la proposta (forse) comune che, discussa con il governo, diverrà disegno di legge costituzionale e, infine, terzo Statuto. Percorso complesso che, per avere senso e possibilità d'approdo, ha bisogno di chiarezza d'intenti ed unità di obiettivi.
Presidente Dorigatti, intenti e obiettivi che ad oltre un anno di lavoro di Consulta e Convenzione paiono poco chiari ed ancor meno uniti.
Andiamo con ordine. Intanto ribadisco la necessità della revisione dello Statuto anche se con la bocciatura dello riforma costituzionale nel dicembre scorso, la pressione che la rendeva urgentissima è stata superata. Resta, tuttavia, indispensabile sia per quanto di indefinito ha lasciato la riforma costituzionale del 2001, sia per l'accordo di Milano ed il patto di Roma che hanno introdotto nuove competenze, risorse e obblighi di solidarietà. In altre parole: lo Statuto del '72 è divenuto inattuale, anche se nel '72 quel patto tra Trento, Bolzano e Roma ha consentito alle comunità regionali quasi mezzo secolo di convivenza e sviluppo. Le dinamiche sociali, economiche ed istituzionali sono cambiate profondamente. Oggi, per progettare il futuro, abbiamo bisogno di regole aggiornate alle mutate competenze e al nuovo bilancio, anzitutto perché entrate ed oneri dipendono esclusivamente da noi, dalla gestione dell'autonomia di cui saremo capaci.
Bene, ma come si giungerà ad una posizione comune se Convenzione e Consulta procedono separate?
Meglio sarebbe stato affidare l'elaborazione della proposta ad un unico organismo. Non è stato possibile e l'auspicata collaborazione ha visto solamente qualche scambio personale. Quarantacinque anni di separazione, del resto, lasciano il segno e si ritrovano anche in alcuni orientamenti emersi nella Convenzione a favore dell'autodeterminazione. Temi, a mio giudizio, irrealistici e divisivi quando il comune interesse dovrebbe farci ricercare l'unità, pur nella diversità, nel quadro regionale. E poi una certa avversione verso la Regione, mi riferisco sempre al documento di Bolzano, descrive un ente che non esiste più. Se ne discutano perimetro e contenuti, ma un quadro istituzionale comune, ne sono convinto, è indispensabile.
Un confronto che pare ancora lontano...
Qui sta il rischio di perdersi per strada. Tanto più che nel 2018 due elezioni - le politiche in primavera e le provinciali in autunno - radicalizzeranno le posizioni ed esaspereranno i toni. Quando, invece, la discussione richiede serenità e disponibilità al compromesso. Tuttavia non possiamo rinunciare a consolidare l'autonomia in una fase che da una parte vede sotto attacco tutte le specialità regionali e dall'altra ci vede impegnati a ridefinire il quadro fatto di impegni maggiori e risorse minori. Si sta decidendo del nostro sviluppo, del nostro welfare, del nostro futuro. Perciò chiederò che il consiglio provinciale definisca un percorso e tempi certi per esaminare -se anche votarlo si vedrà- il documento d'orientamento per poi affrontare il confronto con Bolzano. Visto che la Convenzione ha incaricato quattro costituzionalisti di redigere un testo riassuntivo, mi domando se non sia possibile portare gli esperti ad otto e fare la medesima operazione a partire dai due documenti. In ogni caso mi auguro un testo finale comune. Presentarci separati a Roma sarebbe autolesionismo.
Non è autolesionistico anche il disinteresse dei trentini sul tema?
Il lavoro dei 25 membri della Consulta è meritorio, così come utili sono stati gli incontri pubblici. E' mancata, invece, una presenza significativa dei soggetti intermedi sociali, imprenditoriali, culturali, insomma la cosiddetta società civile. Nell'istituire la Consulta abbiamo tentato di coniugare rappresentanza con partecipazione, fattori di democrazia oggi in crisi. Il risultato finora non è incoraggiante, come segnalato dall'indagine che avevamo commissionato nell'estate 2016. Insisteremo e magari verificheremo con una seconda indagine. L'accordo Degasperi-Gruber nel '48 e la Commissione dei 19 nel '72 hanno interpretato i loro tempi ed indicato obiettivi comuni e chiari. Dopo settant'anni il mondo è cambiato e c'è la necessità di ridefinire convivenza e futuro di due comunità, stavolta senza la pressione di una guerra appena conclusa o di una sanguinosa stagione di bombe. Confido nella consapevolezza e nei valori di una autonomia che ci ha condotto sin qui.