Attentati in Trentino, arrestati 7 anarchici
Carabinieri e polizia hanno smantellato una cellula con un covo a Civezzano L’accusa mossa dalla Procura è di associazione con finalità terroristiche
TRENTO. Avevano scelto una casa nel borgo di Bosco di Civezzano come covo. Qui dentro, lontani da occhi indiscreti, preparavano gli attentati che mettevano a segno in tutto il Trentino. Comunicavano con pizzini che distruggevano subito dopo averli letti e avevano una doppia organizzazione, una pubblica che partecipava a manifestazioni e proteste di piazza di giorno e un’altra che metteva a segno attentati incendiari e danneggiamenti di notte. Nella tranquilla casetta confezionavano ordigni, fabbricavano documenti falsi, pianificavano trasferte e raid violenti. Ma i carabinieri del Ros di Trento e gli agenti della Digos della Questura ieri all’alba hanno messo fine alle loro scorrerie smantellando una cellula anarchica che, secondo il Procuratore Sandro Raimondi, avrebbe organizzato 78 azioni soprattutto in Trentino. Il blitz è scattato ieri mattina all’alba e ha portato all’arresto di sette persone. In carcere sono finiti Andrea Parolari, 45 anni di Trento, Luca Dolce, 33 anni domiciliato a Civezzano, Roberto Bottamedi, 28 anni di Trento, Giulio Berdusco, 32 anni domiciliato a Rovereto, Agnese Trentin, 31 anni domiciliata a Bosco di Civezzano, e Nicola Briganti, 44 anni originario del Salento mentre Marie Antonia Sacha Beranek, 34 anni originaria di Taranto, è agli arresti domiciliari nella sua casa di Rovereto. Sono tutti difesi dagli avvocati Giampiero Mattei, Andrea de Bertolini e Bonifacio Giudiceandrea. I sette sono rimasti per tutto il giorno al comando dei carabinieri di via Barbacovi e trasferiti in carcere solo ieri sera. Oltre 30 le perquisizioni in tutta la regione in molte delle quali sono stati trovati bastoni, maschere antigas e materiale per la preparazione di ordigni.
L’accusa più grave è quella di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico, ma vengono contestati anche i reati di danneggiamento, possesso e fabbricazione di documenti falsi, fabbricazione, detenzione e porto di armi ed esplosivi, atti di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi, incendio e danneggiamento di sistemi informatici, anche di pubblica utilità, con finalità di terrorismo. Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Trento Marco La Ganga su richiesta del procuratore Raimondi e dei sostituti Davide Ognibene e Pasquale Profiti vengono contestati sei attentati.
Tra i più gravi l’attacco incendiario al laboratorio di matematica industriale e crittografia del Dipartimenti di Matematica e Fisica dell’Università di Trento, a Mesiano, l’8 aprile 2017, quando una bomba molotov appiccò un incendio che distrusse il laboratorio e danneggiò con il fumo tutto il dipartimento, l’attentato a cinque ripetitori, tra i quali quelli dei carabinieri, sul monte Finonchio, in Vallagarina, della società Spa Towers il 7 giugno 2017, e il danneggiamento con bottiglie molotov di nove automobili della polizia locale di Trento che erano parcheggiate in un deposito vicino al comando di via Maccani, il 3 dicembre 2017. Tra gli attentati contestati anche quello con la bomba carta alla sede della Lega di Ala, il 13 ottobre 2018, dove poche ore dopo avrebbe dovuto parlare il leader del Carroccio Matteo Salvini per la campagna elettorale alle Provinciali del 2018. Ma secondo gli inquirenti, l’ondata di attentati attribuibili alla cellula sarebbe molto più vasta. Il generale Pasquale Angelosanto, comandante dei Ros, ieri con conferenza stampa a Roma ha anche parlato di un attentato incendiario al consolato italiano a Salonicco.
C’è da dire che in nessuno di questi episodi ci sono state violenze o lesioni a persone, anche se, nelle intercettazioni telefoniche, i membri del gruppo si dicevano pronti ad uccidere pur di fare la rivoluzione, come si legge nell’articolo qui a fianco.
L'indagine è partita nel 2016 con intercettazioni e, soprattutto, pedinamenti. Gli investigatori hanno accertato che la cellula, che aveva contatti con anarchici svizzeri, greci e spagnoli ed era strutturata su due livelli: ce ne era una pubblico, «di facciata» dice l’ordinanza del gip, che agiva nelle manifestazioni di piazza. E , poi, c’era il livello «occulto e segreto», caratterizzato da una «acquisita capacità di elusione dei controlli» di chi ne faceva parte, finalizzato «a eseguire e minacciare azioni terroristiche». Nel covo di Bosco, Dolce e Trentin, «con un lavoro minuzioso», realizzavano documenti falsi, uno di questi è stato trovato in possesso dell’anarchico foggiano Michele Alessio Del Sordo arrestato a Patrasso. Qui si decidevano le azioni con una modalità, dicono gli investigatori, che ricordano quella della mafia: l'utilizzo di strumenti per rilevare microspie ma soprattutto di pizzini. Il giudice spiega che «evitavano di parlare in spazi chiusi di argomenti che possono dimostrare gli scopi illeciti dell'organizzazione, ricorrendo a comunicazioni scritte con i relativi fogli successivamente all'utilizzo distruggevano».