Ambientalisti contrari: «Serve una frenata»
Mountain Wilderness chiede uno stop alle derivazioni e un risparmio idrico anche nell’agricoltura
TRENTO. Se gli impiantisti accelerano (come scriviamo nel pezzo principale), gli ambientalisti frenano. Almeno quelli di Mountain Wilderness, l’associazione che nei giorni scorsi ha festeggiato i 30 dalla fondazione (era il 1987) e che nei giorni scorsi ha diffuso un documento firmato dal presidente nazionale Franco Tessadri e dedicato al Trentino, con un titolo eloquente: «Salviamo la montagna trentina».
Nel capitolo “infrastrutturazione dell’alta quota” c’è un appello a ripensare la montagna partendo dai cambiamenti climatici: «Chiunque sia dotato di un minimo di saggezza proverebbe a correggere le rotte. Invece, a parte i discorsi e i documenti, nei fatti si prosegue come se nulla stesse accadendo». Mountain Wilderness sostiene che si stanno “regalando agli impiantisti” bacini per l’innevamento sempre più grandi, pericolosi e in alcune situazioni mortificanti dal punto di vista ambientale.
Le conclusioni? L’associazione (il cui presidente onorario è Luigi Casanova) le ha riassunte in otto punti: impedire ogni nuovo insediamento nelle alte quote; riqualificare i paesaggi offesi (Tonale, Fedaia, Rolle, Bondone e i corsi d’acqua); impedire ogni ulteriore potenziamento di aree sciabili, non solo quelle a bassa quota; impedire ogni ulteriore derivazione di acque e razionalizzare l’esistente; fare della rete delle riserve un vero e proprio laboratorio; portare l’agricoltura a diminuire drasticamente l’utilizzo di acqua; riconvertire i pascoli e le aree prative al fine di migliorarne la qualità naturalistica e riportare gli allevamenti a dimensioni consone con la potenzialità produttiva della montagna; investire nel potenziamento della fauna selvatica, partendo da una protezione scientifica dei grandi predatori.
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