Alla torrefazione Bontadi apre il Museo del caffè
Inaugurazione venerdì 22, nella collezione della storica azienda roveretana circa 300 pezzi: dai primi tostini di fine ’700 alle moderne macchine espresso
ROVERETO. Un luogo dove l’aroma del caffè si mescola con il fascino dei tempi passati. É il Museo della Torrefazione Bontadi, la torrefazione più antica di Italia, che verrà inaugurato venerdì 22 gennaio. Un’importante, e per molti aspetti, unica collezione di strumenti per la produzione del caffè, dal 1790, anno di fondazione della ditta, ai giorni nostri.
“É un’idea che ho avuto fin dal primo momento, spiega Stefano Andreis, titolare della Torrefazione e curatore del museo, dal 2004 quando abbiamo rilevato l’azienda da Remo Bontadi. Tutti gli apparecchi utilizzati dalla fine del ‘700 per tostare e produrre il caffè erano infatti conservati e in perfette condizioni. Tenerli nascosti e non esporli al pubblico sarebbe stato un vero peccato”.
La sede del nuovo museo sarà in vicolo del Messaggero, nel cuore del centro storico di Rovereto, accessibile da piazza Cesare Battisti, nella sede della antica ditta Bontadi e sarà suddiviso in due spazi. Accanto al museo troverà posto anche l’Accademia del Caffè, un luogo dove gli aspiranti caffettieri apprenderanno i segreti dell’arte della preparazione del caffè, ma anche le regole per la conservazione di una merce tanto delicata quanto preziosa, compresa tutta la parte burocratica.
«Ogni anno - continua Andreis - commercializziamo 150 mila chili di caffè. Lo acquistiamo da ogni parte del mondo: dall’Africa, dall’India, dall’America latina, dalla Papua Nuova Guinea. Ci riforniamo solo nelle migliori fazendas che garantiscono l’approvvigionamento del prodotto anche per gli anni a venire attraverso i diritti di acquisto». Nell’offerta della Torrefazione Bontadi trovano posto anche varietà pregiatissime, come la Giamaica Blue Montain e la Kopi Lowak, caffè per veri intenditori dai costi proibitivi: 1000 euro al chilo nel primo caso e 700 nel secondo. Ma assolutamente da provare almeno una volta nella vita.
«La Torrefazione Bontadi - continua Stefano Andreis - cura la produzione del caffè dal chicco crudo fino alla fase finale, attraverso la tostatura e la macinazione. Siamo l’unica ditta in regione dotati di una cialdatrice, un impianto per la confezione delle cialde. Ma siamo anche i fornitori per la Ferrari di Maranello. Insomma, con il caffè andiamo veramente forte».
Il museo della torrefazione che troverà posto proprio nella sede dell’azienda comprende circa 300 pezzi, uno più interessante dell’altro, che vanno dai primi tostini della fine del ‘700, gli antenati delle nostre moke, alle macchine espresso di ultima generazione. In pratica, oltre due secoli di storia della produzione del caffè concentrati in un unico spazio. Strumenti ideati per fare un caffè a regola d’arte ma essi stessi oggetti d’arte, nella loro eleganza d’altri tempi.
Tra i prezzi pregiati una tostatrice Vittoria dei primi del Novecento che pare uscita da un romanzo di Jules Verne, ma anche le prime macchine per caffè espresso dello stesso periodo, «anche se il caffè di allora non aveva nulla a che vedere con quello che beviamo adesso» precisa il titolare della Bontadi. É il caso di una Pavoni, modello “Ideale” del 1910, funzionante a gas, perfettamente conservata, la prima macchina per caffè espresso a fare la sua comparsa sui banconi dei bar. E via via macchine sempre più perfezionate nella produzione di una bevanda di cui gli italiani sono diventati maestri indiscussi nel mondo. Molti modelli di Faema e di Gaggia: «Proprio la Gaggia - aggiunge Andreis - negli anni Quaranta ha creato la formula per la “crema caffè”, l’espresso quale noi lo conosciamo oggi: pressione 8 bar, temperatura dell’acqua a 110 gradi, 7 grammi di caffè e 20/30 secondi al massimo di infusione».
Da vedere un raro modello di Victoria Arduino sempre anni Quaranta, completamente cromata, del tutto simile a una astronave spaziale. Come le curiose macchine verticali per i treni, studiate apposta per non occupare spazio. Infine gli accessori indispensabili per degustare il caffè, che in un museo della torrefazione non potevano mancare, i servizi da caffè, appunto, da quelli in porcellana finissima del Seicento fino ai giorni nostri.
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