Tragica scalata sul Gran Zebrù, due scialpinisti di 47 e 55 anni travolti e uccisi da una valanga. Trascinati a valle per 700 metri
Le vittime sono Fernando Bergamelli e Oscar Cavagnis, ex ciclista professionista. In 30 anni sono 30 le vittime sulla vetta del gruppo dell'Ortles (foto Ansa)
BOLZANO. Il Gran Zebrù, la più bella cima del gruppo dell'Ortles, una piramide di roccia e di ghiaccio alta 3851 metri, è un capitolo importante nel palmares di molti alpinisti. Si tratta però anche di una vetta piena di insidie e pericoli, come dimostra l'ultima tragedia: due scialpinisti sono stati uccisi da una valanga durante la salita. Le vittime sono i bergamaschi Fernando Bergamelli, 55 anni di Pradalunga, e Oscar Cavagnis, 47 anni di Vertova. Dal 1998 al 2002 Cavagnis è stato ciclista professionista, tra l'altro per la Saeco e la Landbouwkrediet. Nel 2001 si piazzò settimo alla terza tappa della Parigi-Nizza, Saint Etienne-Villeneuve Les Avignon di 217,9 chilometri, e nel 2002 partecipò al Giro d'Italia con due tappe nei top 20.
Poco dopo mezzogiorno la cordata, composta da quattro scialpinisti, stava scalando la montagna lungo la via normale. A circa 3700 metri di quota, in una zona mista di roccia e neve, mentre i quattro stavano proseguendo sotto una fitta nevicata con i ramponi ai piedi e gli sci in spalla, due di loro sono stati investiti da una valanga e trascinati per centinaia e centinaia di metri. I loro compagni sono invece stati solo sfiorati dalla slavina e sono perciò rimasti praticamente illesi. Solo uno di loro ha riportato un lieve trauma alla schiena.
E' subito scattato l'allarme e sul posto sono giunti sia il soccorso alpino di Bormio e Sondrio che quello di Solda. Quando i due alpinisti travolti sono stati localizzati a 3000 metri di quota, ormai erano morti. Il compagno di cordata ferito è stato trasportato dall'elisoccorso all'ospedale di Bergamo. Sul posto è anche intervenuta la Guardia di finanza.
Con l'incidente di oggi sale a 30 il numero delle vittime del Gran Zebrù in poco più di 30 anni. Nel 1997 la montagna chiese il più alto tributo di sangue dal 1854 , anno in cui fu scalato per la prima volta dall' alpinista austriaco Stephan Steinberger. Sette persone morirono lungo la via normale, tradite dalla caldissima giornata di agosto. Tra le vittima anche Hermann Pinggera, 44 anni, capo stazione Cai del soccorso alpino di Melago, in val Venosta. Nel 1989 una cordata di quattro persone fu invece sorpresa da un temporale e precipitò per oltre 500 metri. Nel 1992 un veneto e un americano persero la vita, spinti da una valanga in un crepaccio. Altri incidenti con vittime si registrarono nel 2002, nel 2009 e nel 2012. Nel 1994 tre scalatori tedeschi furono uccisi dal crollo di un lastrone di neve e ghiaccio nei pressi del rifugio Città di Milano. Nel 2013 due escursionisti di Parma ed uno di Novara furono traditi dal cedimento del ghiaccio e precipitarono per centinaia di metri, poche ore dopo, sulla stessa montagna, morirono altri tre altoatesini durante la discesa lungo la via normale. Una vittima si registrò nel 2015, quando un tedesco precipitò nel vuoto, e nel 2018 quando tre austriaci furono travolti da una slavina nei pressi del Passo Bottiglia.