Via Vannetti o via Ronchi divisi anche gli esperti 

In consiglio l’analisi dei pro e dei contro è stata affidata a medici e ingegneri Che hanno difeso le due diverse soluzioni con argomentazioni altrettanto valide


di Luca Marsilli


ROVERETO. Più che un consiglio comunale, un convegno. Tecnici di comprovata e indiscutibile esperienza e fama per un paio di ore hanno spiegato ai consiglieri come evolvano i bisogni dell’anziano e il mondo dell’assistenza e, passando dall’aspetto medico a quello ingegneristico ed architettonico, come questi bisogni trovino risposta in una moderna rete di servizi, di cui le Rsa sono tassello essenziale. Detto che oggi gli over 65 a Rovereto sono 8000, ma che dal punto di vista dei bisogni si ragiona ormai sugli ultra 75 e più, e su coloro tra quelli che assommano problemi fisici (non autosufficienza totale o parziale, malattie croniche, demenze) a una condizione di solitudine (che oggi va intesa come non avere nessuno a cui chiedere aiuto in un momento di bisogno), la prospettiva non può che essere di dare risposte integrate. Servizi intermedi, tra il sanitario e l’assistenziale, che permettano il mantenimento il più possibile dell’anziano nella propria abitazione e poi strutture in grado di accoglierlo quando la situazione diventa non più gestibile al suo domicilio. Le Rsa in quest’ottica assolvono sia a questa funzione che chiude la “filiera assistenziale” sia alla necessità di fornire servizi in tutta la fase intermedia.

Quindi due necessità: far vivere la meglio l’anziano ormai ricoverato e avere gli spazi per ospitare servizi aperti alla comunità, dalla mensa alla infermeria, all’ospedalità intermedia (per chi non ha più bisogno del ricovero ospedaliero ma ha bisogno di una convalescenza assistita), fino ad una aggregazione di medici di base. Inoltre a Rovereto esiste una rete di Rsa, e per ottimizzare la gestione è opportuno che differenzino i servizi sostenendosi a vicenda. Nello specifico, la terza Rsa dovrà avere la cucina per fornire i pasti anche alle due.

Tutto questo, ovviamente, si può fare in una Rsa costruita da zero ma - e questo lo hanno detto i tecnici - anche alla Vannetti. La struttura del complesso è ancora valida e lo si può adeguare sismicamente con interventi ragonevoli. E assieme a una serie di nuclei residenziali per 117 ospiti, resterà anche uno spazio significativo - un quinto del volume - per i servizi aperti all’esterno.

Resta la qualità della vita dell’ospite, e su questo le visioni divergono. A favore della Vannetti c’è la collocazione in centro città, vicina o comunque nello stesso contesto urbano in cui la persona viveva prima del ricovero e inserita in un contesto socialmente vissuto: per l’anziano vedere persone, movimento, vita, è importante. Così come non patire salti brutali rispetto alle sue condizioni abitative di partenza. Garantire un contesto più frequentato e aperto all’esterno può valere più di una collocazione più amena e verde.

La risposta di chi ritiene preferibile via Ronchi è che è la stessa Rsa, con i suoi servizi aperti all’esterno, a costruire una nuova “centralità”. E quindi sono i servizi che ospiterà a renderla frequentata, non la collocazione in pieno centro. Per contro costruendo da zero si potranno rispettare i criteri più moderni, con edifici bassi, spazi aperti, verde eccetera, che adattando la struttura di via Vannetti non sono pensabili. In altre parole, si potrebbe ottenere dal punto di vista della socializzazione un risultato paragonabile, ma con il vantaggio di offrire un contesto architettonico decisamente più gradevole del “casermone” di via Vannetti. Migliorando la qualità della vita degli ospiti.

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