«Non si deve perdere la speranza»
Un libro sulla malattia del tumore e le relazioni tra genitore e figli
ROVERETO. “Questo libro riempie un vuoto nelle pubblicazioni sul tema della malattia tumore e lo fa per sostenere le relazioni forse più delicate, quelle tra un genitore malato e i giovani figli”. Sono parole della dottoressa Cristina Oliani, primaria di oncologia, relatrice nella serata (in una affollatissima sala Caritro) dedicata al libro “La pazienza dei sassi”. Partendo da un’esperienza personale dell’autrice, il libro scritto da Ierma Sega e illustrato dall’artista Michela Molinari è stato composto – come hanno raccontato le due autrici – lavorando fianco a fianco ad ogni singola pagina. In apertura Micaela Vettori, che ha condotto la serata, ha definito il libro “un’opera per grandi da leggere con i bambini, fianco a fianco per guardare la realtà, per quanto difficile e dolorosa, senza perdere la speranza. Nel lavoro di Ierma e Michela – ha sottolieato – c’è la capacità straordinaria di liberare i testi da tutte le parole superflue, facendo emergere i fatti, con sincerità e immediatezza. Una “pulizia” che le illustrazioni interpretano portando al centro di ogni pagina, un divano simbolo del “cuore della casa” attorno al quale tutto succede. Un divano che si arricchisce in ogni immagine, di nuovi ma sempre significativi oggetti nei quali si condensa il sentire della famiglia. Oppure il lettino di cura, ma sempre il solo mobile significativo per le asciutte e puntuali parole che lo raccontano”. La professoressa Gherardi, sociologa molto conosciuta, ha interpretato il sottotitolo della serata “la narrazione come cura” attraverso brevi e appassionanti spunti narranti il potere delle parole, che sole rendono concreti i pensieri e ne consentono la condivisione e lo scambio. Trovare le parole, i gesti e i modi per attutire il pericolo della solitudine del malato e dei suoi cari, è stato il centro dell’intervento della dottoressa Oliani, che ha tracciato un quadro della realtà numerica della malattia tumore, il suo legame con la vita di ogni singola persona e con le condizioni generali e sociali, che fanno di ogni caso un caso singolo che necessita di attenzione clinica e scientifica ma altrettanto di quella umana e affettiva. Imparare a narrare, a dare parole al sentire proprio e dell’altro, prendersi il tempo per ascoltare se stessi e i propri cari, accettare la malattia per costruire insieme strumenti adatti a combatterla e vincerla in nome di una qualità della vita alla quale non si deve assolutamente rinunciare. In sala c’era un clima di emozione condivisa sulla quale sembrava predominare un senso profondo di speranza interpretato anche dalle voci dei partner e dei sostenitori, Casa delle donne di Rovereto, Lilt, Comune di Rovereto, Fondazione Caritro, Lions Club Rovereto Host, Provincia e Azienda sanitaria a rappresentare quella società civile, che sempre più deve imparare ad accompagnare i percorsi di malattia e di rinascita.