La svolta dei Verdi: Previdi resta solo
Claudio Giordani e Stefania Verderio sono i nuovi portavoce. E il partito boccia senza appello l’appoggio a Valduga
ROVERETO. Claudio Giordani e Stefania Verderio sono i nuovi portavoce dei Verdi roveretani. Succedono a Paolo De Uffici, che si era dimesso dopo essere stato sfiduciato dal gruppo. Hanno ottenuto rispettivamente 19 e 17 voti (quattro schede bianche e una nulla completano il quadro) al termine di una assemblea, iniziata alle 10 e 30 e terminata alle 15, che è stata di fatto il momento della “resa dei conti” tra le due anime che si erano trovate a convivere nel gruppo Verde cittadino. L’una contro l’altra armata.
Ridurre tutto a questioni personali (Previdi e Pozzer che si accusano a vicenda di scarsa collaborazione se non addirittura di avere lavorato ognuno per sè e in danno dell’altro) in verità sarebbe molto riduttivo. Dagli interventi in sala, molti e anche appassionati, è emersa chiarissima la frattura insanabile tra due modi diversi di concepire non tanto la politica ma il modo di farla. Il vecchio adagio del partito “di lotta e di governo” coccolato dalla sinistra per decenni, fino a scoprire che per stare al governo non solo si rinuncia alla lotta, ma anche alla sinistra. Previdi, Migliarini e De Uffici hanno rivendicato (l’assessore anche con un lunghissimo elenco di passaggi amministrativi che hanno visto il ruolo attivo dei Verdi) il senso e la dignità di un lavoro da “forza di maggioranza”. A Trento - hanno detto - il centrosinistra autonomista di cui fanno parte non ha dato loro nessun ruolo attivo; in Provincia lo stesso. A Rovereto Valduga li ha portati in giunta (unico assessore Verde in Trentino) e ha fatto propri i valori di “ecologia integrale” portati avanti. Ecologia integrale significa ecologia ma con l’uomo come cardine, e che si declina in tutto, dal verde urbano, certo, fino alle politiche sociali, al lavoro, all’inclusione, alla tutela dei diritti. Per Previdi, Migliarini e De Uffici bocciare una azione di governo per l’abbattimento di alcuni alberi, senza tenere conto di tutto il resto, è ridurre l’ambientalismo e i Verdi quasi a caricatura. È un ritorno alla logica di “partito del no” che costituisce di fatto la rinuncia a migliorare le cose. Lo sfizio del gridare tutto o niente, sapendo che tutto non si potrà mai avere, e quindi scegliendo il niente.
Una impostazione che non è stata contestata in linea teorica, ma sconfessata completamente all’atto pratico. Dell’azione di governo i Verdi ieri in sala e i due nuovi portavoce hanno bocciato praticamente tutto. Non solo i progetti di viale Trento e giardini Italia, con taglio di alberi conseguente, ma anche la ristrutturazione della Rsa di via Vannetti, l’abbattimento di ex Alpe ed ex Anmil (“non era una priorità”), il rifacimento di via Dante, le ipotesi di ripensamento del Follone, lo spostamento dell’area cani, l’ampliamento del tennis. Addirittura, e con parole molto dure, la scelta di confermare Dalzocchio presidente del consiglio, così sostenendo la Lega Nord contemporanea, un partito che su accoglienza e diritti ha una visione antitetica a quella dei Verdi.
Se non c’è nulla da salvare delle scelte di Francesco Valduga, significa che lavorando “dall’interno” i Verdi non hanno ottenuto risultati. Nulla che giustifichi la rinuncia alla “ragione sociale”, al marchio di fabbrica: il no assoluto e non trattabile a qualsiasi ingiuria al patrimonio di alberi della città. E non nell’ insieme, ma come singola pianta.
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