Eleonora Perraro è stata strozzata
Il perito esclude qualsiasi dubbio sull’omicidio. Sul collo graffi e lividi lasciati dai polpastrelli: una stretta che l’ha uccisa per asfissia Mancano ora solo i risultati degli esami compiuti dai Ris che potranno collegare il marito, Marco Manfrini, alle ferite sul corpo della donna
Rovereto. Eleonora Perraro è morta tra la mezzanotte e le due del 5 settembre. E a causarne la morte è stata una asfissia per strozzamento: sul collo porta evidenti i segni di graffi da unghie e di ecchimosi causate dai polpastrelli delle mani che l’hanno uccisa. Sul volto aveva delle ferite e degli ematomi. Sicuramente due ferite da morso, più un’altra compatibile sia con un morso che con l’urto anche accidentale contro qualcosa di rigido. E una tumefazione riconducibile ad un colpo ricevuto. Ma nulla di clinicamente grave, che potesse portare la morte. Per la quale decisivo è stato appunto lo strozzamento: il collo è stato afferrato con forza e stretto abbastanza a lungo perché la donna cessasse di vivere per asfissia. Infine sia lei che il marito, Marco Manfrini, quella sera avevano fatto abbondante consumo di alcol.
Sono queste le conclusioni cui è approdato l’anatomopatologo Dario Raniero, dell’università di Verona: il perito cui il procuratore Fabrizio de Angelis aveva chiesto, due mesi fa, di chiarire quando e come sia morta Eleonora Perraro e raccogliere qualsiasi elemento utile per risalire a chi potesse eventualmente averla uccisa. La perizia è stata depositata lunedì e le conclusioni sono univoche: è stato un omicidio. E ha avuto anche modalità tali da escludere forme attenuate della volontà, come potrebbe essere la preterintenzionalità. In altre parole, se una morte per una botta in testa potrebbe essere compatibile con uno spintone e la sfortunata caduta su uno spigolo, lo strozzamento no. Chi le ha preso il collo è lo ho stretto fino a farla morire ha avuto il tempo per capire cosa stava succedendo. Che poi fosse in grado di capirlo davvero è un altro discorso, ma le evidenze mediche sono di un delitto voluto e portato a termine.
Quello che il perito non ha potuto dire, ovviamente, è se ad uccidere Eleonora Perraro sia stato o meno suo marito, Marco Manfrini. In carcere sospettato di omicidio volontario da quella mattina del 5 settembre in cui a suo dire si era svegliato nel giardino del Sesto Grado, il locale tra Nago e Torbole, con la moglie esanime al fianco. Da questo punto di vista, determinanti potrebbero rivelarsi le conclusioni dei Ris, che entro fine mese dovrebbero consegnare gli esiti degli esami su tutto quanto repertato quella mattina. In particolare sulla dentiera parziale trovata a terra e sicuramente appartenente a Manfrini: delle tracce del dna di Eleonora Perraro permetterebbero di chiudere il cerchio, provando che è stato lui a mordere il volto della donna. In pratica, sarebbe la “firma” sulla violenta colluttazione che si è conclusa con l’omicidio. Per completezza di analisi, altrettanto decisivi potrebbero essere i Ris anche nell’introdurre un dubbio sulla responsabilità di Manfrini che ad oggi nessuno tra gli inquirenti sembra nutrire. Tra le molte cose inviate ai laboratori di Parma, ci sono diversi campioni di sangue, trovato quella mattina al Sesto Grado. Se da quelli emergesse la presenza di una terza persona, fino ad oggi nemmeno ipotizzata, il quadro potrebbe cambiare radicalmente. Ma per quanto acquisito in questo momento, tutto sembra andare nella stessa direzione. E riportare alle prime supposizioni di quella mattina: un litigio tra marito e moglie, alterati dall’alcol, finito con la donna uccisa dal marito.