Canevali, addio sulle note del jazz 

Il commiato laico. Centinaia di persone al cimitero per salutare il batterista e insegnante stroncato a soli 49 anni da un male incurabile Tutti i musicisti del Trentino a rendere omaggio alla salma, con un toccante concerto improvvisato dopo l’elogio funebre di Mauro Marcantoni


GIULIANO LOTT


BESENELLO. C’erano tutti, ieri al cimitero del paese. Tutti i musicisti jazz del Trentino, i direttori delle scuole musicali della Vallagarina, e tantissimi amici, molti quelli arrivati da lontano per salutare Carlo Alberto Canevali. Una folla ammutolita dalla scomparsa dell’amico, del musicista, del maestro. A tratteggiarne la complessa figura, con misuratissime parole, è stato l’ex superdirigente provinciale Mauro Marcantoni, un amico che aveva condiviso con Carlo anche la passione per la musica, che in Carlo viaggiava in perfetto sincrono con al propria avventura umana, convinto com’era che per essere in armonia con se stessi occorresse applicare alla vita le stesse regole, gli stessi raffinati accorgimenti che si impiegano quando si compone o si suona musica.

L’uomo e il musicista. Carlo era una persona curiosissima, animata dal sincero interesse per ciò che lo stupiva, ed era al tempo stesso iperattivo, suonando con decine musicisti in mezza Italia, incidendo dischi, producendo musica, ma seminando nei suoi allievi il germe del silenzio, l’importanza delle pause, della riflessione, nella musica come nella vita. Aveva la capacità di rimettersi in gioco, e lo ha fatto tante volte, costruendo con dedizione progetti di vita nuovi e rimettendoli in discussione, osando, alla ricerca di ciò che attirava il suo amore per la vita. Come quando si era trasferito in Australia, un’esperienza che lo costringeva a partire da zero, ma che in pochi anni lo ha messo in risalto nella nuova terra che aveva deciso di abitare, stimato come musicista e amato come persona. È proprio questo aspetto, questa capacità di trasmettere agli altri il proprio approccio, sicuro di ciò che aveva imparato ma anche disposto a ripensarlo, a confrontarsi con gli altri, che è emerso in tutta la sua evidente potenza, amplificata da una presenza formidabile, con centinaia di persone a guardarsi in faccia, come cercando il volto sorridente di Carlo Alberto, che il pianista trentino Roberto Gorgazzini associa sempre al suo strumento. «Anche oggi, per me, c’è Carlo Canevali alla batteria».

La jam funebre. La giornata malgrado l’infinita tristezza che pervadeva tutti, è stata baciata da un sole caldo e dalla musica che è fluita come se lui fosse lì, assieme a Roberto Gorgazzini, Walter Civettini, Flavio Zanon, Fiorenzo Zeni, Giorgio Beberi, Gigi Grata, Lorenzo Frizzera, Stefano Colpi e gli altri musicisti che si sono avvicendati, suonando brani struggenti come Oblivion di Astor Piazzolla, o standard come A Night in Tunisia di Gillespie, che sull’onda emozionale si sono trasformate in appassionate jam session. Il cimitero di Besenello non ha mai visto nulla di simile, un funerale che pareva un concerto, malgrado la fatica per i musicisti stessi nel suonare con il cuore lacerato. Pareva quasi, ascoltandoli, di sentire gli spazi lasciati liberi per le spazzole e i tamburi di Carlo, come se fosse lui lì, tra gli amici, a godersi la bella giornata di sole, vicino alla sua Alexandra e ai compagni di gruppo, agli allievi, tutte persone a cui ha cambiato la vita, lasciando un vuoto enorme, che ora tocca riempire con il ricordo di una vita intensa e vissuta bene, fino all’ultimo, con stupore.













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