Alla ex polveriera di Marco in coda per il tampone 

L’esame senza scendere dall’auto. L’azienda sanitaria sposta il prelievo nel piazzale del polo della Protezione Civile. Una cinquantina al giorno, ma destinati ad aumentare


Luca Marsilli


ROVERETO. «Se due mesi fa mi avessero detto che il 7 aprile sarei stata sotto una tettoia al campo della protezione civile a fare tamponi nasali dal finestrino delle auto, avrei riso per ore». Laura Ferrari è il medico che ieri pomeriggio effettuava i tamponi, assieme a due infermiere, al campo di Marco. Sotto un sole quasi esagerato, in un grande piazzale sterrato, una fila di auto pazientemente ferme in coda. Una ventina nel momento di massimo afflusso, verso le 14 e 30. Ogni paio di minuti un “salto” in avanti di una decina di metri.

Medici sotto la tettoia

Obiettivo, la tettoia della struttura centrale. La macchina arriva, il guidatore abbassa il finestrino e si fa riconoscere. Verificato che è nell’elenco di quelli attesi, gli viene prelevato con uno stick un tampone nasale, che viene immediatamente chiuso in una provetta etichettata col suo nome. Tra un paio di giorni il risultato, avanti un altro. In una immagine a metà tra un drive thru e la memoria della vaccinazione collettiva nel piazzale della caserma, da militare.

Rovereto per effettuare i tamponi per la ricerca del coronavirus ha scelto la struttura di Marco. Fino a ieri venivano raccolti anche all’Ufficio Igiene, ma ora tutti si sposteranno lì. Le ragioni sono due: si evitano accessi nelle strutture sanitarie e si offre al cittadino la possibilità di effettuare l’esame senza bisogno di fare nemmeno un passo: arriva in auto da casa ed a casa ritorna senza essere nemmeno sceso.

Cinquanta al giorno

Al momento si viaggia sulla cinquantina di tamponi al giorno, ma l’indicazione è di aumentare molto nei prossimi giorni, avviandosi a quei 1500 che la Provincia si è data come obiettivo.

Tutte le persone che arrivano a Marco lo fanno su indicazione dell’azienda sanitaria: non si può chiedere il tampone di iniziativa propria. Vengono in parte dai medici di base, che possono chiedere l’accertamento per chi ha sintomi anche lievi, in parte da controlli programmati su determinate categorie, in parte da situazioni di potenziale esposizione al contagio.

La verifica sui guariti

Poi ci sono tutti i “guariti”: chi ha avuto diagnosticato il coronavirus ed è stato curato a domicilio, 14 giorni dopo la scomparsa dei sintomi deve effettuare il tampone e l’esame va ripetuto almeno 48 ore dopo. Solo se entrambi i test danno risultato negativo (assenza del virus) sono dichiarati guariti e possono uscire dalla quarantena. Ovviamente l’eventuale positività costringe a ricominciare.

Come si lavora in un piazzale polveroso? «È strano, ma ci si adatta. Sono tante le cose a cui questo virus ci sta costringendo ad adattarci: non è la peggiore».

L’operazione richiede pochi minuti, si potrebbero raccogliere centinaia di tamponi al giorno. Il limite sono i laboratori: da Marco le provette vanno al S. Maria che le invia ai laboratori di Trento per l’esame. Il «collo di bottiglia» ovviamente è lì.













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