Sul Colle di Tenna la vite tornerà regina
Affollata conferenza in sala consiliare con i tecnici di Provincia e Fondazione Mach. Il sindaco Valentini: «Noi ci crediamo»
TENNA . Si è addirittura andati a scomodare Giulio Ferrari e la storia che lo vede coltivare sua prima uva Chardonnay per l'omonimo spumante sul Colle di Tenna. E che dire dell'Impero Austo-ungarico al quale finiva buona parte della produzione vitigna durante l'occupazione tedesca? Insomma, il colle di Tenna vanta un passato piuttosto nobile quando si parla di uva. Il problema è il presente: quello che era un versante quasi totalmente coltivato a vite, oggi - salvo qualche rara eccezione - è un bosco incolto. Se ne parla da anni, ma non sono serviti granché progetti e piani di riqualificazione, i più noti dei quali sono l'accordo di programma di una quindicina di anni fa e il progetto di riqualificazione del Comune di Tenna di 5 anni fa.
Sul colle però sono testardi e così ci hanno riprovato. L'altra sera una gremita sala consigliare ha fatto da cornice ad una conferenza che voleva rispondere ad un'unica domanda: rivedremo pergole e spalliere sul colle di Tenna? "Noi ci crediamo!", ha chiarito fin da subito in apertura il sindaco di Tenna Antonio Valentini, sostenuto anche dall'assessore Claudio Turri di Caldonazzo, comune con il quale la serata è stata organizzata. Ad alterarsi tra le slide parecchi tecnici e professionisti, che non hanno mancato di sottolineare il pessimo stato di conservazione del versante collinare, prima di illustrare una possibile o tante possibili soluzioni. Tante buone idee accanto ad oggettive difficoltà di realizzazione.
A cominciare la serata ci hanno pensato gli studenti dell'Istituto Tecnico Agrario di San Michele, supportati dal professore Franco Frisanco. Hanno illustrato uno studio che dal punto di vista storico, idrogeologico e morfologico ha affrontato il tema, evidenziando nodi peraltro già noti: l'acclività del colle, la polverizzazione fondiaria, la vicinanza della statale 47 e ciò che rimane dell'Hotel Le Terrazze. Ottime le prospettive di coltivazione, per le uve Chardonnay, Müller Thurgau, Pinot Nero. Come le opportunità di valorizzazione della collina attraverso percorsi storici, culturali e naturalistici. Sul vino ha fatto loro eco Maurizio Bottura del Centro Trasferimento Tecnologico della Fondazione Mach, che ha puntato il dito soprattutto su una cosa: «Saremo sempre perdenti con il vicino Veneto se scommetteremo sulla quantità. Dobbiamo valorizzare la qualità delle nostre coltivazioni». Qualche dubbio invece sulle coltivazioni resistenti e sottolineatura sul fatto che con l'aumento delle temperature, il Trentino è come se fosse calato di 300 metri. «La vite ora si può coltivare ad altitudini una volta impensabili», ha commentato.
Tris di interventi dal fronte provinciale: il direttore dell'Osservatorio del paesaggio trentino Giorgio Tecilla ha richiamato il processo generalizzato di impoverimento del paesaggio trentino, con l'abbandono delle coltivazioni di mezza montagna (solo 10% del territorio è coltivato) e la triplicazione della superficie urbanizzata in poco più di 50 anni. Gianantonio Tonelli e il collega Federico Bigaran del Dipartimento Territorio, Agricoltura, Ambiente e Foreste, hanno illustrato le possibili soluzioni per stimolare il processo di coltivazione e per affrontare il problema della polverizzazione fondiaria: la costituzione di un Consorzio di Miglioramento Fondiario oppure di un Asfo, che altro non è che un'associazione fondiaria, la quale ha un asso nella manica: il Comune può affidare all'associazione anche la coltivazione di terreni i cui proprietari sono irrintracciabili, almeno finché non si faranno vivi (se vivi).
Insomma, un nuovo tentativo, che dalla sua ha un accresciuto appeal e una fiammella di ripartenza di interesse che imprenditori e giovanissimi stanno manifestando. Vedremo.
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