Il vescovo Tisi apre l’Happening
Inaugurata venerdì sera la tre giorni di Comunione e Liberazione
LEVICO TERME. È stato l’arcivescovo di Trento, monsignor Lauro Tisi a inaugurare la tre giorni dell’ottavo Happening di Comunione e Liberazione ancora in corso al PalaLevico, e che vede oggi la sua conclusione. “Un’impossibile unità. E se fosse possibile?”, il titolo dell’evento organizzato da Nitida Stella e cooperativa Il Faggio. Nel ricco programma dell’Happening, questa mattina alle 10.30 vi sarà la testimonianza di don Ambrogio Pisoni “Amici ai confini del mondo. Incontrare la diversità”. In contemporanea lo spettacolo per bambini “Grammaticanto: a scuola cantando”. Alle 14 “La possibile unità in famiglia”, dialogo con Silvia e Sante Pagnin a cura di Famiglie per l’accoglienza. Alle 16 messa e chiusura Happening. Anche oggi è assicurato un servizio ristorazione con panini, patatine fritte, e risotti.
Nell’inaugurare la tre giorni, Don Lauro è stato un fiume in piena, parlando per quasi un’ora sul tema “La bellezza dell’unità”. A un folto pubblico di giovani e meno giovani, non solo appartenenti a CL, partendo dalla sua «unica esperienza pastorale – ha detto l’arcivescovo – in parrocchia. Trentuno anni fa qui a Levico per un anno. Con me erano arrivati 250 profughi polacchi che assieme alla popolazione ho contribuito ad accogliere». Un incipit autobiografico che consente al prelato una riflessione molto provocante di questi tempi. «Se trentuno anni fa – ha detto don Lauro – questo paese ha aperto le porte ai profughi, del tutto similari a quelli di adesso, ora, dopo un trentennio le porte le ha chiuse. Questo deve far pensare». Nel parlare di unità l’arcivescovo ha fatto numerosi riferimenti ai temi cari a don Giussani, ritrovabili in una frase di E. Mounier che fa parte del deposito culturale di Cl: «Occorre soffrire perché la verità non si cristallizzi in dottrina, ma nasca dalla carne». «Ci sono lacerazioni – ha continuato il presule – che portano alla morte e lacerazioni che portano alla vita. Ora il mondo è attraversato dalle prime, con “polpette avvelenate”, contumelie, gossip, la sovrabbondante invadenza del web. Io stesso, un paio di giorni fa sono stato colto da una sofferenza profonda, da un momento di stanchezza per questo clima di maldicenze e di sfiducia. Ma ho capito che l’unità non ce la possiamo costruire da noi, ci viene data come dono dal Dio di Gesù Cristo». In risposta all’unica domanda che ha trovato spazio dopo la lunga conferenza, l’arcivescovo ha parlato anche delle accuse che mons. Viganò sta dirigendo a papa Francesco, ribadendo il concetto di «polpetta avvelenata» e «non è cristiano divulgare cose che sono state dette in segreto», ma ha anche ricordato la testimonianza silenziosa di moltissimi «come don Pino Puglisi – ha concluso – che morendo, con un sorriso, ha salvato il suo assassino guardandolo negli occhi, e da quel sorriso il suo uccisore ha iniziato un cammino di conversione».