«Eri esempio di forza e tenacia» 

Il funerale. Il ricordo del figlio Fabio in una lettera «per non cambiare metodo» nel comunicare emozioni e insegnamenti del papà giornalista  del Trentino che ha raccontato Pergine per 55 anni. Don Antonio: «Sapeva guardare la realtà con occhi diversi perché l’amava e l’ha saputa servire»


franco zadra


Pergine. Un popolo ha salutato il “suo” giornalista, Roberto Gerola, scomparso a 78 anni il giorno di San Vigilio, con una liturgia funebre, presieduta dal parroco, don Antonio Brugnara, affiancato da don Giuseppe Beber, don Dario Sittoni, e dal diacono don Rino Bertoldi, che lo stesso “Gerry” - come era soprannominato dai colleghi – avrebbe probabilmente molto apprezzato.

Un clima di grande accoglienza e familiarità, agevolato fin dall'ingresso da una lettera del figlio Fabio, scritta («per non cambiare metodo») per ringraziare «per l'esempio che sei per me – scrive il figlio -, per i tuoi tre nipoti, per la tua famiglia, e per tante altre persone», intestata con un «Caro papà, e anche marito, caro nonno, caro giornalista, caro alpino, caro amico, caro cittadino...». Molti i giornalisti, tanti perginesi, con l'amministrazione comunale rappresentata dal sindaco Roberto Oss Emer e dalla vicesindaco, Daniela Casagrande.

«Un esempio di forza e di tenacia – lo ricorda il figlio Fabio -. Da tutta la vita usi parole, quelle scritte, quelle pronunciate, e quelle ascoltate, non semplici strumenti di lavoro, ma strumenti di vita. Sono 55 anni che le tue parole appaiono sul giornale, avendo cominciato poco più che ventenne, per anni a Bolzano e poi a Trento, per poi trasformare la tua casa in una redazione. Anche in questi giorni non molli mai, tra un'operazione e l'altra, l'ospedale è la tua redazione. Il tuo mondo è quasi immenso: la redazione del giornale, ma anche l'insieme dei rapporti che costruisci con le persone e con le tante associazioni delle quali sei anche socio, i rapporti con le istituzioni, le persone di Pergine, della valle dei Mocheni, dell'Alta Valsugana, di Trento, e oltre; persone che ti hanno parlato, ti hanno cercato, ti hanno illustrato il loro punto di vista... in fin dei conti, grazie al rapporto con loro ti sei divertito (magari anche un po' arrabbiato a volte), ma di sicuro appassionato a scrivere e a dare le notizie, consapevole del servizio dato ai tuoi concittadini».

Una riflessione sul giornalismo interpretato da Gerola è venuta anche dal direttore del Trentino, Paolo Mantovan. «Grazie a Roberto – ha detto Mantovan – per il suo amore per la notizia come informazione, come conoscenza, come trasparenza, senza le quali non c'è democrazia. Questo era il senso della notizia per Roberto, e che comunicava ai suoi colleghi. Grazie per la fedeltà ai principi, di fronte ai quali non si cede mai, anche quando ti possono far sembrare un po' duro perché i principi ti chiedono di essere anche severo. Grazie per la passione, quel fuoco che hai sempre mantenuto per le tue “famiglie”, la tua famiglia, la redazione, gli alpini, Pergine, alle quali fino all'ultimo giorno hai comunicato tutto questo. Grazie Roberto».

Di giornalismo e di giornalisti - e conoscendo “Gerry” si poteva aspettarselo - ha parlato anche il Vangelo, la pagina conosciuta dei “discepoli di Emmaus”, anche loro “giornalisti” che portano dal loro incontro sulla strada per Emmaus, la notizia, più importante di sempre, della resurrezione di Gesù, «ma che inizialmente guardano alla realtà – ha detto don Antonio – della crocifissione, senza speranza, tanto che ricevono il rimprovero del Signore che li chiama stolti e tardi a capire. Roberto sapeva guardare alla realtà con occhi diversi perché amava questa realtà. Una realtà che proprio per questo ha saputo servire, pur nei suoi limiti, facendosi presente là dove c'era più bisogno».













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