Parolari: «Il personale non vaccinato in RSA rappresenta una vera e propria bomba ad orologeria»
La presidente dell’Opera Romani ed ex di Upipa: «L’unica cosa da fare è procedere subito e con urgenza con l’applicazione della legge nazionale che prevede si possa arrivare alla sospensione dal servizio del personale non vaccinato che lavora in Rsa»
TRENTO. «La notizia del contagio di un operatore non vaccinato in una Rsa trentina e della conseguente interruzione delle visite da parte dei familiari sta, giustamente, preoccupando. Il personale non vaccinato in Rsa rappresenta, infatti, una vera e propria bomba ad orologeria, soprattutto di fronte a varianti che hanno un potere infettivo moltiplicato». Lo dice, mettendolo nero su bianco, Francesca Parolari, presidente dell’Opera Romani di Nomi, azienda pubblica di servizi alla persona, nonché ex presidente di Upipa, l’unione delle maggiori Rsa trentine.
«Il virus cerca di attaccare terreno vergine e di ciò abbiamo avuto dimostrazione eclatante quando nella seconda ondata sono state falcidiate le RSA rimaste indenni nella prima – commenta la presidente Parolari –. L’unica cosa da fare, quindi, è procedere subito e con urgenza con l’applicazione della legge nazionale che prevede si possa arrivare alla sospensione dal servizio del personale non vaccinato che lavora in RSA. Procrastinare questa applicazione è decisione ingiustificata e grave perché mette in grandissimo pericolo il fragile equilibrio raggiunto nelle nostre strutture dopo un periodo difficilissimo. Tollerare la presenza di operatori non vaccinati per non affrontare possibili problemi organizzativi e sperare così nella buona sorte, è comportamento inaccettabile perché a pagare il prezzo di queste inazioni saranno ancora una volta i più fragili e le loro famiglie. Quest’estate, infatti, le probabilità di vedere altre RSA, seppur temporaneamente, chiudere le porte oltre a quella di Brentonico (peraltro struttura ottima ed egregiamente gestita) a causa di operatori non vaccinati che rientrano infettati, sono purtroppo altamente probabili. E ciò significa sospensione dei contatti con l’esterno per permettere il tracciamento, e quindi ancora sofferenza, rabbia, frustrazione, sentimenti di dolore che si sommano a quelli già patiti dagli anziani e dalle famiglie in questi lunghi mesi di separazione. Con la consapevolezza di avere un macigno sulle spalle di questo tipo e di non saperlo o volerlo gestire risulta, quindi, quanto meno contraddittorio l’invito dei vertici di Upipa a festeggiare in questi giorni la ripartenza delle RSA».
Francesca Parolari punta poi il dito contro quelli che ritiene altri errori commessi negli ultimi mesi: «Dall’opposizione strenua, in marzo, ad aprire alle visite in presenza anche se promosse sulla base di un protocollo validato da APSS (salvo poi avviarle due mesi dopo a condizioni sostanzialmente invariate), alle dichiarazioni recenti della Presidente di Upipa, proprio in tema di sanitari non vaccinati, di voler tenere in servizio anche operatori non vaccinati bardandoli come in reparto Covid, senza minimamente chiedersi cosa accadrebbe se, ciononostante, il virus passasse come è già stato provato avviene».
Per Parolari l’emergenza non è ancora finita: «In periodo di pandemia, che non è purtroppo finito, le RSA in quanto comunità residenziali non possono che adottare, da un lato, comportamenti conformi alle norme pretendendone l’applicazione rigorosa a tutti i livelli (in primis e con estrema urgenza, come detto, la legge sulla sospensione del personale non vaccinato); dall’altro orientarsi al progressivo allentamento delle restrizioni a piccoli passi, condividendo con anziani e familiari un approccio prudente visti i numerosi elementi di rischio ancora presenti (soprattutto gli operatori non vaccinati finché non sarà applicata la legge). Occorre far comprendere che questo approccio è il solo che permette rimodulazioni in caso di peggioramento della situazione epidemiologica, evitando precipitosi e dolorosi retromarcia».