Nora e la vita in malga: «Non ce l’ho con gli orsi, ma è ora di agire»
Nora Sani gestisce assieme al compagno due malghe in val di Sole. A fine giugno una delle sue puledre è stata ferita gravemente da un orso. «Adesso abbiamo paura»
VAL DI SOLE. Malga Bronzolo e Malga Monte si trovano sopra Mezzana, in Val di Sole. Sono realtà gestite da due pastori: Nora Sani, 26 anni, originaria di Rovereto e Mirco Nardini, 43, emiliano, che in estate vivono lì con i loro due bambini di 4 anni e sei mesi.
Si sono trasferiti in Val di Sole per scelta 9 anni fa, dove fanno gli allevatori. Una vita difficile, scandita dai ritmi della natura che rendono le giornate molto lunghe, con la sveglia presto al mattino per la mungitura (anche alle due), e l’ora di andare a dormire tarda a causa della gestione degli animali e della malga. Un mestiere come quelli di una volta, legato alle tradizioni e ai segreti tramandati di generazione in generazione senza bruschi cambiamenti o stravolgimenti.
Tutto questo fino alla fine di giugno, quando, il 25, una delle puledre di Malga Monte, quella che sta più in basso tra le due, è stata ferita gravemente dall’orso ed è stata salvata solo dai cavalli che l’hanno protetta e hanno messo in fuga il plantigrado. «Non era mai successa una cosa del genere, l’anno scorso il lupo aveva ucciso uno dei nostri becchi, ma un attacco a una puledra è cosa ben più grave. Non può e non deve succedere» spiega la pastora.
In che condizioni è ora la puledra attaccata?
È sopravvissuta solo perché c’erano gli altri cavalli che l’hanno difesa, ma in due secondi è stata rovinata. Adesso si trova chiusa in un box perché non si tolga i punti. Se supera le possibili infezioni che potrebbero sopraggiungere, avrà una guarigione lenta e dolorosa, oltre che impegnativa per me, perché dalla cima alla malga devo scendere due volte al giorno per darle l’antibiotico, è più di un’ora di strada a piedi solo ad andare.
Come allevatrice, lei è contraria alla reintroduzione dell’orso in Trentino?
Sono combattuta, da un lato c’è la questione dell’ecologia e del mantenimento di alcune specie autoctone, dall’altro si parla di un animale che può essere pericoloso. Sul Brenta, però, ci sono sempre stati gli orsi, gli ultimi non si spostavano, ma non davano fastidio a nessuno perché erano pochi e paurosi nei confronti dell’uomo, come dovrebbe essere per tutti gli animali selvatici. Io credo in una convivenza pacifica, però non ci devono essere incontri, perché quando ci sono significa che gli animali non hanno più paura. La situazione al momento è ben diversa.
Tutto ricade sulla gestione dell’orso, secondo lei come ha agito la Provincia finora?
Ci sono stati sicuramente degli errori. La previsione di proliferazione doveva essere più lenta, ma la realtà è stata diversa dalle statistiche, il numero è cresciuto, le istituzioni hanno perso il conto e gli esemplari si sono concentrati tutti in quest’area. Non sono stati controllati inoltre gli orsi problematici.
Dopo l’attacco ad Andrea Papi, qualcosa è cambiato?
Qualcosa si è mosso. Prima della tragedia che ha coinvolto Papi, la situazione era in stallo, ma in seguito all’attacco la Provincia, che non aveva cercato di prevenire il problema prima di allora, ha cominciato ad aprire gli occhi. Noi che viviamo dove l’orso è presente lo sappiamo quanto sia grosso il problema, ma purtroppo non sempre le istituzioni ci ascoltano. Si tratta della libertà e della sicurezza delle persone, non solo per noi che lavoriamo sui monti, ma per tutti. Sono comunque dell’idea che bisogna venirsi incontro, quindi lo sterminio di massa degli orsi è fuori questione, bisogna puntare sulla convivenza pacifica, ma solo con gli esemplari gestibili, ovvero quelli che non sono confidenti.
Con il suo lavoro è sempre nei boschi, ha mai incontrato un orso?
Anni fa portavo le capre nei campi assieme ai nostri cani maremmani. Mi è capitato, un giorno, di essere in una zona impervia, dove il telefono non prende, quando a circa 80-100 metri da me ho visto un orso, un esemplare giovane, che mi guardava. Non avevo vie di fuga, ero a metà strada, a mezz’ora a piedi da qualsiasi luogo con persone. Come ha reagito a quel punto? Ho mantenuto la calma, pensavo che se voleva attaccare avrebbe preso una delle capre prima di raggiungere me. Se la stessa situazione si presentasse adesso non so se riuscirei a rimanere così tranquilla come allora. L’orso mi ha seguita, mantenendosi sempre distante. Mi sono sentita senza difese, se fosse successo qualcosa sarebbe potuto accadere. Ricordarlo adesso mette i brividi, ma è stato anche un momento di fascino vivere quella situazione. Lì per lì, però, non vedevo l’ora di arrivare a casa. Per fortuna ai cani non è arrivato l’odore dell’orso perché eravamo sottovento, ma a lui arrivavano i nostri.
Avete paura per voi e per i vostri animali?
Non abbiamo mai avuto paura, a parte quell’episodio non è mai successo niente di grave a noi. Adesso però, dopo la morte di Andrea Papi e in seguito al fatto che ci sono molti più esemplari rispetto a un tempo, cominciamo a pensarci perché qui siamo da soli. Il nostro lavoro comporta ore ed ore in cui l’unica compagnia è quella del cane e delle vacche. Bisogna quindi prendere in mano la situazione e ricominciare a gestire gli orsi, altrimenti qui in Val di Sole non si uscirà più di casa e nessuno vorrà più fare i lavori che facciamo noi. Anche i pochi che ci sono abbandoneranno.
Secondo lei quindi non ci sarà un futuro per l’allevamento?
Se continua in questa maniera cosa dobbiamo fare?! Non so neanche se nei prossimi anni si potrà più vedere una vacca libera all’aperto. Se le cose non cambiano, uno non può lavorare tutto l’anno per poi dare in pasto il proprio “lavoro” all’orso e vivere con l’ansia perenne che possa succedere di nuovo.
Dopo la tragedia di aprile, però, tanti hanno accusato l’uomo, non l’animale, perché, a detta loro, è entrato nell’habitat dell’orso. Dopo l’attacco alla sua puledra, come si sente di replicare a queste parole? Non concepisco chi accusa l’uomo di rubare territorio agli animali. Siamo noi in mezzo a orsi e lupi, non loro. Li invito a venire qui per vedere com’è la vita sui monti, nella nostra casa. Non si può più andare avanti così, dove la vita di un orso vale più di quella una persona o della libertà stessa. Ogni allevatore nel suo piccolo cerca di lavorare i territori al meglio, arricchendo il territorio e mantenendo ciò che i nostri nonni hanno fatto, gli orsi non possono mettere in crisi il nostro sistema, non si può neanche difendere se stessi e i propri animali. Bisogna arrivare a una soluzione in fretta, perché altrimenti ho paura che se non si permetterà una gestione di questi orsi, prima o poi si arriverà allo scontro.