Unione Alta Anaunia: 854 euro per i pasti dell’orso Bruno
Romeno. Per il pasto dell’orso di San Romedio, l’Unione Alta Anaunia ha liquidato al Comune di Predaia la somma di 854,79 euro più Iva quale quota spettante per il 2019. Questo in base alla...
Romeno. Per il pasto dell’orso di San Romedio, l’Unione Alta Anaunia ha liquidato al Comune di Predaia la somma di 854,79 euro più Iva quale quota spettante per il 2019. Questo in base alla convenzione in essere tra i Comuni di Coredo (ora confluito in Predaia), Sanzeno e Romeno che si sono accollati ciascuno per un terzo il costo dei pasti per l’orso, mentre l’onere della somministrazione e del vivandiere (una persona appositamente incaricata a portare il cibo al plantigrado a cadenza giornaliera o quasi) spetta alla Comunità di Valle. In base al bando a suo tempo esperito dal Comune di Predaia (che è capofila dell’iniziativa in quanto il santuario di San Romedio rientra nel suo territorio, ndr) la fornitura degli alimenti per l’orso ospitato nel recinto del santuario è stata affidata alla Famiglia Cooperativa Val di Non che ha sede a Tuenno. Il relativo contratto di fornitura pasti, a valenza triennale, era stato approvato e reso esecutivo nel febbraio 2018 dal Comune di Predaia che allo scopo aveva stanziato la somma di 18.000 euro con un impegno spalmato su tre annualità di 6.000 ciascuna.
Il mantenimento dell’orso è uno dei punti previsti nel Protocollo d’intesa per la valorizzazione del Santuario di San Romedio, la riqualificazione e la sistemazione dei siti e delle aree adiacenti, nonché per la promozione dell’offerta turistica, sottoscritto nel 2012 tra la Provincia, l’Arcidiocesi di Trento e i Comuni di Coredo, Romeno e Sanzeno. Con il medesimo provvedimento l’allora Comune di Coredo veniva delegato a svolgere le operazioni di affidamento e fornitura degli alimenti e allo svolgimento di tutte le ulteriori incombenze.
L’orso attualmente ospite a San Romedio era arrivato in valle di Non, dopo non poche polemiche con gli animalisti, l’11 marzo 2013 direttamente da una gabbia recinto di Pescasseroli, la cittadina dove ha sede il Parco Nazionale d’Abruzzo. Originario dei Monti Carpazi, l’orso (battezzato ‘Bruno’ in Abruzzo anche per distinguerlo dagli autoctoni orsi marsicani, di stazza più piccola) era stato rapito da cucciolo e quindi venduto in Italia e detenuto in una gabbia nei dintorni di Roma. Il suo destino era probabilmente quello di finire in un circo. Nel 2001 l’orso è stato sequestrato e per 12 anni è stato a Pescasseroli in una gabbia recinto che era comunque più grande di quella in cui era stato costretto dal privato. Poi nel 2013, dopo una lunga e complessa trafila burocratica, Bruno ha trovato a San Romeno in un recinto 25 volte più grande di quello di Pescasseroli. G.E.