Superata senza disastri la prima notte di freddo 

Con il fiato sospeso. Le temute gelate, con temperature a meno 4 gradi, solo in zone limitate della Val di Non. La produzione di mele non dovrebbe risentirne. Ma il pericolo non è scongiurato


Giacomo Eccher


Val di non. Quella tra lunedì e ieri era la notte più temuta per le gelate, ma a quanto pare conseguenze pesanti non ce ne dovrebbero essere per la frutticoltura in Valle di Non, anche se è troppo presto per tracciare un bilancio attendibile.

Ottimisti, ma non troppo

«La temperature in alcune zone delimitate della media e alta valle hanno toccato meno 4 gradi e lì sicuramente delle conseguenze ci saranno, ma si parla di situazioni limitate e con conseguente relativo impatto sulla quantità complessiva della produzione in campagna. Qualche timore in più ci potrebbe invece essere per quanto concerne la qualità del prodotto, ma per questo aspetto i conti si potranno fare solo tra qualche tempo». Così il presidente di Melinda, Michele Odorizzi, che abbiamo interpellato a fine mattinata quando il pericolo maggiore sembrava essere stato scongiurato e i frutticoltori hanno potuto tirare un sospiro di sollievo.

Paludi a rischio

Che non sia andata malissimo ne è convinto pure il presidente del CoDiPrA, Giorgio Gaiardelli, sul cui cellulare sono comparse la videate dei vari centri di rilevazione delle temperature posizionati nelle varie località della valle, e solo in pochi casi il termometro è sceso sotto i meno 3 e i meno 4 gradi. A rischio in particolare le zone poco ventilate o gli avvallamenti come la zona delle cosiddette Paludi tra Cles e Tuenno.

«A Tres, tanto per fare un esempio, la minima si è fermata attorno allo zero e così in tante altre zone anche in quota. Questo ci induce ad un certo ottimismo per quanto riguarda la produzione dell’annata in corso» - afferma il presidente di CoDiPrA.

L’allerta rimane alta

Gaiardelli, però, non si sbilancia su quello che potrà davvero comportare la nottata che era stata ampiamente preannunciata da MeteoTrentino come la più fredda di questa primavera anomala che a quanto pare è destinata a tener ancora per qualche giorno i frutticoltori con il fiato sospeso. Anche all’inizio della prossima settimana, infatti, i modelli preannunciano ancora un paio di notti di grande freddo, e quindi l’allerta è sempre alta.

Niente comunque da spartire con quanto è successo nel 2017 (la notte del 25 aprile, dieci giorni prima del freddo di questi giorni), quando, come si ricorderà, il bilancio era stato devastante con l’unica eccezione delle zone in cui era scattato il sistema antibrina. Sistema che la notte scorsa non è nemmeno entrato in funzione perché la temperatura non è stata rigida come si temeva.

Per la verità nelle piana di Mollaro, una zona (in particolare le Braide) dove le gelate storicamente non sono un’eccezione, per qualche minuto l’antibrina ha funzionato ma senza che si formasse sulle piante la patina di ghiaccio che dovrebbe preservare le future mele nel caso si un calo brusco di temperature. L’antibrina in particolare è scattato prudenzialmente quanto il termometro ha toccato quota 0,7 gradi, ma poi si è bloccato perché la temperatura fortunatamente non è scesa.

Danni eventuali

Quanto ai danni, come detto, il timore è rivolto alla qualità del prodotto. Il gelo in questa fase della stagione può infatti danneggiare le mele causando ruggine e quella antiestetica cerchiatura del frutto che lo rendono commercialmente di seconda o terza scelta di mercato.













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