La Cassa Rurale Val di Non a gonfie vele dopo la fusione 

Il bilancio 2018. È da record, dice il direttore Pinamonti: non solo sono stati ammortizzati i costi in 6 mesi anziché in 2 anni, ma i conti sono stati chiusi con 3,7 milioni di utile netto. È tra le 4 Casse che superano i 2 miliardi di masse amministrate 


Fabrizio Brida


Cles. Una Cassa Rurale da record. L’ha definita così Massimo Pinamonti, direttore della Cassa Rurale Val di Non, nel presentare i dati di bilancio in vista dell’assemblea che si terrà sabato prossimo alle 17 al Centro per lo Sport e il Tempo Libero di Cles.

Tre milioni e 702 mila euro di utile netto, 147 milioni di patrimonio, 1 miliardo e 407 milioni di raccolta totale e 740 milioni di impieghi, per un totale di 2 miliardi e 147 milioni di masse amministrate (solo quattro Casse Rurali trentine superano i 2 miliardi): numeri che dicono tanto, se non tutto, del grande lavoro portato avanti con serietà e competenza dalla Cassa Rurale Val di Non nei primi sei mesi di attività.

Basi solidissime

La banca nata dalla fusione delle Casse Rurali di Tuenno-Val di Non, d’Anaunia, Tassullo e Nanno e Bassa Anaunia ha fatto registrare dati importanti se si considerano anche i 96 milioni di nuovi mutui erogati. Risultati che nascono da una struttura solida, che poggia le propria fondamenta su 26 filiali e 140 dipendenti e che può vantare oltre 29 mila clienti di cui 10.500 soci.

Non possono che dirsi orgogliosi e soddisfatti il presidente Silvio Mucchi e il direttore Massimo Pinamonti nell’illustrare le cifre che hanno accompagnato la Cassa Rurale Val di Non dalla sua nascita, avvenuta ufficialmente a inizio luglio dell’anno scorso, fino al 31 dicembre 2018.

Risultati in anticipo

«Siamo contenti perché abbiamo ottenuto già ora le risposte che ci saremmo attesi molto più avanti – dichiara il presidente Silvio Mucchi –. L’assemblea di sabato prossimo, anche se non sarà elettiva (le cariche, infatti, hanno durata triennale), sarà importante per esprimere l’andamento di questo primo anno di attività. Anche se, in realtà, non è un anno intero: nel bilancio 2018 il primo semestre ha visto le quattro realtà disgiunte, il secondo la Cassa unica».

Bilancio che, per usare le parole del direttore, è da record. «Se guardiamo la composizione dei vari numeri, la nostra struttura oggi ha raggiunto i dati che, secondo il piano industriale che avevamo stilato in sede di pre-fusione per il triennio, avremmo dovuto ottenere in due anni – spiega Massimo Pinamonti –. Quella della fusione si è rivelata dunque una scelta azzeccatissima. Ci eravamo prefissati di ammortizzare i costi di fusione, circa 2 milioni di euro, nel primo semestre di attività. Non solo ci siamo riusciti, abbiamo anche chiuso il bilancio con un utile netto straordinario di 3 milioni e 700 mila euro».

Altri 12 dipendenti

Da sottolineare anche le 12 nuove assunzioni in 6 mesi: un bel segnale anche perché hanno riguardato ragazzi fino ai 32 anni. «La soddisfazione è enorme – aggiunge Mucchi – e ora una parte dell’utile sarà restituita direttamente al territorio. Nel 2018 abbiamo sostenuto l’attività di oltre 500 associazioni con 901 mila euro. Per noi è un grande orgoglio supportare il volontariato e le situazioni di bisogno».

In questi mesi, poi, la Cassa Rurale ha portato avanti diversi incontri per far sentire la vicinanza ai soci in una fase di nuova configurazione, oltre alle assemblee territoriali, svolte per illustrare i dati ma anche e soprattutto per ascoltare sensazioni, criticità, bisogni. Senza dimenticare le mostre allestite al centro direzionale, che hanno visto protagoniste anche le scuole e Gsh, e l’importantissima attività della neonata Fondazione Cassa Rurale Val di Non, che sta partendo con vari progetti, una borsa di studio e un’interessante proposta per l’autunno prossimo in merito alla storia dell’economia di valle.

Il merito è di tutti

Il presidente ci tiene a concludere riconoscendo il merito di tutto il personale, «che ha fatto il proprio dovere e anche di più – rivela Mucchi –. Due aspetti sono risultati fondamentali per il raggiungimento di questi risultati: la fiducia della gente che ha creduto nella fusione e il grande lavoro del personale».













Scuola & Ricerca

In primo piano

Podcast

Il Trentino nella Grande Guerra: gli sfollati trentini spediti in Alta Austria

Venezia e Ancona vengono bombardate dal cielo e dal mare. A Trento viene dato l’ordine di abbandonare il raggio della Regia fortezza, con i treni: tutti gli abitanti di S. Maria Maggiore devono partire. Lo stesso vale per Piedicastello e Vela, così come per la parrocchia Duomo. Ciascuno può portare con sé cibo e vetiti per 18 kg. Tutto il resto viene lasciato indietro: case, bestiame, attrezzi, tutto. Gli sfollati vengono mandati in Alta Austria. Rimarranno nelle baracche per 4 lunghi anni.