Casa Cles adesso è realtà «È il welfare del futuro» 

Inaugurata la struttura della cooperativa sociale Sad all’ex oratorio: cohousing per sette anziani che avranno spazi privati condividendo cucina e soggiorno


di Giacomo Eccher


CLES. Poco più di un anno fa l’apertura a Tassullo, adesso a Cles: avanza in valle di Non il modello di cohousing, la proposta innovativa della cooperativa sociale Sad di Trento per dare una risposta diversa e nuova alla residenzialità dell’anziano autosufficiente. Ieri l’inaugurazione della struttura ricavata nei locali dell’ex oratorio San Rocco, un vecchio immobile già di proprietà della Parrocchia che è stato ceduto alcuni anni fa a un’impresa locale con parziale corrispettivo per i lavori di ristrutturazione della canonica. Adesso quei locali, messi a nuovo, sono stati affittati dai nuovi proprietari privati alla Cooperativa per questo progetto di cohousing ospitando sette anziani che hanno spazi privati e condividono la cucina, il soggiorno, il terrazzo, e la presenza h24 di due assistenti che a turno vivono nella casa con compiti di assistenza.

«L’edificio era pronto da tempo, ma per inaugurarlo abbiamo atteso che fosse abitato, perché non sono i muri a fare la differenza, ma le persone», ha detto il direttore della Sad, Maurizio Suighi introducendo i festeggiamenti molto affollati nel vicino oratorio. In prima fila nell’aula magna i sette utenti della struttura e accanto a loro autorità e moltissimi cittadini incuriositi da questa esperienza. E che si tratti di una novità, anche se non assoluta perché in Trentino le Case Sad sono già tre, lo ha certificato la tavola rotonda con interlocutori l’arcivescovo Lauro Tisi, il presidente della Provincia Ugo Rossi (giunto in ritardo per l’impegno a Trento con il premier Gentiloni), il presidente della Comunità di valle Silvano Dominici e la presidente delle cooperativa Sad Daniela Bottura. «C’ero all’apertura della prima casa alla Vela di Trento, poi a Tassullo, ora a Cles, mi prenoto anche per la quarta», l’esordio dell’arcivescovo, che ha lodato l’iniziativa e la collocazione di Casa Cles accanto all’oratorio: «Qui si salda un rapporto ideale tra anziani e giovani. Perché quella dei nonni non è la conclusione della vita ma il suo completamento, cosa ben diversa».

In precedenza Dominici, aveva parlato del cohousing come di un modello in evoluzione alla luce delle mutate condizioni dell’esistenza. Una risposta concreta che supera l’assistenza tradizionale in capo al pubblico (casa di riposo) o alle famiglie (badanti). Per questo ha auspicato un’attenzione particolare da parte della mano pubblica, leggi Provincia, per consolidare il modello e favorirne la diffusione. Concetti che il governatore Rossi ha pienamente accolto. Questo infatti, ha detto, «è un welfare che nasce dalle comunità, quindi dalle persone, e va pertanto sostenuto». La struttura come detto si inserisce nel compendio dell’ex oratorio San Rocco, un angolo del centro storico che suscita ricordi nelle persone anziane e meno anziane della borgata. «Tutti i giovani di Cles delle ultime generazioni sono transitati da questo luogo che profuma di storia e di comunità», ha detto il sindaco Ruggero Mucchi, che la storia di questa struttura con i vari passaggi l’ha seguita anche come presidente dell’oratorio parrocchiale. Soddisfatta per questo esito anche l’assessore della Comunità di valle alle politiche sociali, Carmen Noldin, che è stata al fianco della coop Sad per la apertura di casa Tassullo e ora anche di Casa Cles, come risposta a reali bisogni della società di oggi e del prossimo futuro.

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