Nidi e asili aperti per i figli degli operatori sanitari in Trentino, scoppia la protesta: “Una misura discriminatoria”
La scelta di Fugatti contestata da più parti. Degasperi: “Una vergogna concedere trattamenti differenti in base al lavoro dei genitori”. Coppola: “Subito il bonus baby sitter”
TRENTO. Scoppia la polemica sul caso degli asili nido e delle scuole materne che il governatore Maurizio Fugatti ha deciso di tenere aperte per i figli degli operatori sanitari in servizio in strutture pubbliche e private e anche nelle Rsa. Un beneficio contestato perché non offre pari trattamento a tutte le famiglie.
“Servizi pubblici che discriminano i figli in base al lavoro dei genitori sono una vergogna”, attacca Filippo Degasperi, consigliere provinciale di Onda Civica. “Anziché adeguarsi passivamente alle misure del Governo (che tra l'altro fino a qualche settimana fa contestava) la Provincia del "prima i trentini" deve intervenire subito a sostegno delle famiglie che, con la sospensione della didattica in presenza, si troveranno costrette a scegliere tra il lavoro e i figli”, scrive Degasperi.
“La propaganda del Centrodestra aveva per qualche tempo fatto leva sull'obiettivo di invertire il trend di denatalità. Ma certamente non pensavamo che Fugatti e i suoi vari Fratelli e fratellini intendessero perseguirlo con l'inerzia o con le chiacchiere. La scelta di consentire solo ai figli dei sanitari la fruizione dei servizi educativi è discriminatoria e intollerabile per i tantissimi che al lavoro ci devono andare, non per diletto, ma per mantenere una famiglia. Dal Governo non c'è da aspettarsi nulla, ma la Provincia non può girarsi dall'altra parte”.
“Le famiglie in cui i genitori lavorano (qualsiasi sai il lavoro svolto) vanno aiutate, sostenute e difese. Anche in tempo di pandemia si devono trovare le modalità per assicurare la disponibilità dei servizi. Ci sono spazi pubblici ed edifici da riutilizzare, ci sono fattorie didattiche da coinvolgere. Non è accettabile, ed è una vergogna da rimuovere immediatamente, che i servizi pubblici discriminino i figli in base al lavoro dei genitori”.
Sul caso interviene anche Lucia Coppola, portavoce dei Verdi: “Il Trentino, zona rossa da lunedì 15 a causa dei dati allarmanti legati alla pandemia da Covid 19, mette inevitabilmente in una situazione di grande difficoltà molte giovani famiglie che non possono lasciare i figli minori incustoditi ma devono recarsi comunque al lavoro, non potendo usufruire dello smart working, detto anche lavoro agile. Conforta certo il fatto che i figli dei sanitari impegnati nelle strutture ospedaliere e nelle Rsa possano comunque andare a scuola in presenza. Cosi come i bambini e le bambine con bisogni educativi speciali. Ma non è possibile non pensare anche a tutte le altre categorie lavorative che vivono uguali difficoltà nel non poter accudire i propri figli. Soprattutto perché non possono fare affidamento sui nonni, considerati soggetti particolarmente vulnerabili. Perciò è importante e indispensabile che il governo provinciale si attivi da subito per consentire l'elargizione del bonus baby sitter. Permettendo inoltre alle lavoratrice e ai lavoratori, in tutti i casi in cui sia possibile, di lavorare da remoto. Sappiamo che la zona rossa non dovrebbe protrarsi oltre le due o tre settimane, tuttavia non possiamo ignorare il grido di aiuto di tante famiglie davvero disperate che non sanno come assicurare la dovuta cura e assistenza ai bambini e ai ragazzini che certo non possono essere abbandonati a se stessi e devono essere anche seguiti nella didattica a distanza. Auspico indispensabile che gli assessorati competenti a livello provinciale si attivino al più presto. Per non rendere ancora più tragico e difficile questo momento complicato sul piano sanitario ma anche su quello psicologico e sociale”.