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Lo scarabeo giapponese ha raggiunto il Trentino: alti rischi per le piante

Caso isolato lungo l’A22 a Nogaredo. Intensificati i controlli. Ciliegi e piccoli frutti: l’inverno mite ha aumentato la diffusione di Drosophila suzukii



TRENTO. Lo scarabeo giapponese ha raggiunto il Trentino, ma (al momento) si tratta di un caso isolato. Non si parla dunque di focolaio, perché un unico coleottero - il cui nome scientifico è Popillia japonica - è stato intercettato all’interno di una trappola, nell’ambito dell’attività promossa dall’Ufficio Fitosanitario della Provincia di Trento, in stretta collaborazione con la Fondazione Edmund Mach.

Gli adulti di scarabeo giapponese sono gregari ed estremamente polifagi: durante l’estate si nutrono di foglie, fiori e frutti di moltissime specie, sia forestali e ornamentali che frutticole causando notevoli danni: tra queste nocciolo, olmo, quercia, ma anche varie specie di Prunus (dal ciliegio all’albicocco) e, soprattutto, vite. Le larve, invece, si sviluppano nel terreno a carico delle radici di piante erbacee, con preferenza per i tappeti erbosi e i prati umidi. La rilevazione è avvenuta a Nogaredo lungo l’autostrada del Brennero, tecnicamente definibile come “incursione”.

Ufficio Fitosanitario e Fondazione Mach hanno prontamente reagito all’incursione intensificando le attività di controllo nelle aree limitrofe con l’aumento di trappole e ispezioni visive, al fine di individuare repentinamente la presenza di ulteriori individui del fitofago. La sorveglianza attiva “rafforzata” proseguirà in Vallagarina per tutta la stagione in corso e anche il prossimo anno; proseguiranno inoltre i controlli sull’intero territorio provinciale, così come previsto dal programma di indagine.
Ogni anno Provincia e Fem svolgono attività ufficiali di sorveglianza del territorio in merito all’accertamento della presenza o assenza di oltre 40 organismi nocivi delle piante regolamentati, sia di temuta introduzione che già presenti sul territorio comunitario. 
Dopo avere colonizzato ampie aree del Nord America, la Popillia japonica, è stata segnalata anche in Europa, prima in Portogallo e poi in Italia (2014), dove ha rapidamente dato origine a un focolaio a cavallo tra Piemonte e Lombardia. Negli anni seguenti, nonostante le misure di eradicazione e/o contenimento applicate, il focolaio iniziale si è progressivamente ampliato andando a interessare anche le confinanti regioni Emilia-Romagna e Val d’Aosta e la vicina Svizzera. Diversi soggetti sono stati peraltro rinvenuti in altri siti, anche distanti dall’area infestata, causati dal traporto passivo e concentrati lungo le principali arterie del traffico interregionale. Di tale tipo può essere classificato anche il ritrovamento trentino. Questi eventi accidentali non si trasformano per forza in veri focolai, ma impongono di mantenere alta l’attenzione sui rischi legati alla potenziale diffusione dello scarabeo giapponese e di mettere in atto le possibili misure di prevenzione, prima tra tutte l’intercettazione precoce.

I tecnici della Fondazione Edmund Mach intanto stanno riscontrando danni significativi nei campi di ciliegio e di piccoli frutti in Trentino causati dall'instaurarsi di una elevata popolazione del moscerino asiatico Drosophila suzukii, a causa delle temperature miti dell'ultimo inverno. È stata accertata - si apprende - la costante diffusione anche di un altro parassitoide esotico, Leptopilina japonica, rinvenuto per la prima volta in Europa nel 2019. "Nel periodo gennaio-aprile, la rete di monitoraggio gestita da Fem ha rilevato catture di Drosophila suzukii fino a dieci volte superiori alla media dell'ultimo decennio", precisa Claudio Ioriatti, responsabile dei progetti di ricerca legati alla sostenibilità degli agroecosistemi. Sul fronte del controllo biologico – informa Fem - proseguono anche quest'anno i rilasci del parassitoide esotico Ganaspis brasiliensis nei venti siti autorizzati dal Ministero dell'ambiente. Il tardivo rilascio dell'autorizzazione ha portato ad eseguire la prima tornata di lanci solo a cavallo della metà di giugno, per cui non è ancora possibile disporre di dati relativi al suo insediamento e alle percentuali di parassitizzazione.













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