Le penne nere recuperano due importanti affreschi
Cavedine, rappresentano lo stemma della famiglia Madruzzo e la crocifissione Il curatore Cattoni: «L’opera è riferibile agli ultimi decenni del XV secolo»
CAVEDINE. Il Gruppo Alpini di Cavedine ha completato l’intervento di restauro pittorico di alcuni affreschi, recuperando così un pezzo di storia del capoluogo dell’alta valle di Cavedine. Lo stemma Madruzzo: riguarda la seconda famiglia Madruzzo, quella proveniente dalla Val di Non con nome di Denno e Nanno; ha rappresentato indubbiamente uno dei casati più potenti ed illustri della storia del Principato Vescovile di Trento per aver retto le sorti del principato con 4 principi vescovi in successione per ben 119 anni durante uno dei momenti più critici della storia della Chiesa con lo scoppio della Riforma protestante, di cui quest’anno si è celebrato l’anniversario dei 500 anni (1517), e la conseguente separazione della Chiesa protestante.
Ecco il commento di Walter Cattoni, curatore dell’iniziativa di restauro pittorico: «Lo stemma, com’era consuetudine, riporta quello della famiglia estinta e di quelle imparentate. Al centro lo stemma della prima famiglia, detto Madruzzo antico, è uno scudetto rosso con due pali (in questo caso si vede solo lo spazio in quanto la colorazione è scomparsa) - spiega Cattoni -. Intorno lo stemma della seconda famiglia, detto Madruzzo moderno, è un inquartato; nei quarti a sinistra in alto e a destra in basso Nanno, bandato di argento e di azzurro, in alto a destra ed in basso a sinistra Sparenberg, di nero col monte di cinque cime di argento caricato di uno scaglione di rosso. Il tutto è posato su un drappo, probabilmente un gonfalone, sormontato da una corona e sorretto a due anelli. Intorno una fantasia di disegni ed una cornice».
L’altro affresco racconta la crocefissione: in questa crocifissione il Cristo è affiancato dalla Madonna e da S. Antonio abate, al posto del classico S. Giovanni. Di questo santo è possibile notare due dei suoi attributi; il libro delle sacre scritture e la campanella. La sua presenza porta a diverse ipotesi; che il committente si chiamasse Antonio o fosse un devoto di questo santo, oppure ne invocasse l’intervento come protettore degli animali domestici che di certo anticamente erano presenti nell’edificio stesso ed in quelli circostanti. L'opera misura cm. 250 x 205, ed è riferibile agli ultimi decenni del XV secolo. I tratti pittorici, sia delle figure che delle decorazioni della cornice, rivelano la mano di un artista allievo di qualche bottega qualificata e di conseguenza si può pensare ad una commessa ordinata da qualche personaggio importante. Con uno sguardo attento si possono notare le colature di sangue sulle braccia e nello sfondo sulla parte destra una rappresentazione di paesaggio dominato da un castello (quello di Madruzzo?)».
Due opere pittoriche che meritano essere ammirate, dopo l’accurato lavoro di restauro.