cavedago 

«Il vincolo non venne annotato» 

Deposito del sindaco diventato chalet, la Provincia risponde a Cia



CAVEDAGO. «All’epoca di realizzazione del manufatto, nel 2004, era vigente la legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22 che, all’articolo 25, comma 4, stabiliva un vincolo quindicennale di non mutamento della destinazione d’uso dei manufatti quali quello in esame. Vincolo che avrebbe dovuto essere annotato nel libro fondiario; dalle verifiche effettuate non risulta traccia di tale annotazione. Tale vincolo quindicennale è poi diventato illimitato con l’entrava in vigore della legge provinciale 4 marzo 2008». Lo scrive l’assessore provinciale all’urbanistica Carlo Daldoss, rispondendo a Claudio Cia, ed è un’altra puntata di una vicenda finita più volte sulle pagine dei giornali in questi mesi e che ha fruttato al consigliere provinciale di Agire già due querele da parte del sindaco di Cavedago Silvano Daldoss. Ma Cia va dritto per la propria strada, come ha fatto ieri diffondendo appunto la risposta della Provincia alla propria interrogazione dello scorso settembre, in cui prendeva le mosse dal sequestro da parte della Procura di un deposito agricolo (ora dissequestrato) venduto nel 2016 dall’allora proprietario, l’attuale sindaco Daldoss, a un ignoto acquirente, «che lo avrebbe trasformato in chalet» in seguito a una sanatoria disposta dal predecessore di Daldoss nella carica di sindaco di Cavedago (sanatoria su cui Cia avanza seri dubbi) e a un cambio di destinazione d’uso.

Cia sostiene ora che «vengono documentati fatti e informazioni a mio avviso curiosi e meritevoli di essere valutati». E si tratta appunto del passaggio citato all’inizio, in cui l’assessore Daldoss certifica come minimo un’assenza di “pezze d’appoggio” negli archivi del Comune di Cavedago circa il vincolo di non mutamento della destinazione d’uso. L’intera vicenda, si ricorderà, parte da un esposto pervenuto lo scorso gennaio al Servizio Urbanistica e tutela del paesaggio della Provincia: il quale, nell’ambito della propria attività di vigilanza, lo ha preso in carico effettuando verifiche istruttorie da cui è emerso che l’area su cui insisteva il manufatto era individuata, al momento della realizzazione (anno 2004), quale “area agricola secondaria” che, ai sensi dell’articolo 55 delle norme di attuazione del Piano regolatore generale del Comune di Cavedago ammetteva la costruzione di magazzini e altre tipologie di manufatti con destinazione agricola. Le verifiche sono poi proseguite con un ping pong di comunicazioni tra Comune e Provincia, con quest’ultima che, scrive l’assessore Daldoss, dopo aver negato copia dell’esposto al primo che lo richiedeva, «ha rinnovato l’invito all’amministrazione comunale a fornire gli elementi chiarificatori a suo tempo richiesti in merito al caso in esame». Ma il Comune di Cavedago, in luglio, «ha comunicato di non essere in grado di fornire ulteriori informazioni in merito all’oggetto, in considerazione del fatto che tutti gli atti originali, a partire dal 2009, sono stati acquisiti dalla Procura della Repubblica di Trento con verbale del 25 aprile 2016». Conseguentemente, scrive Daldoss, le verifiche del Servizio Urbanistica sono al momento sospese. Ma c’è da scommettere che la vicenda non finirà certo qui.













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