Festa al Bar Sport dove sopravvive  lo spirito di Lavis 

Gino Rossi, assieme alla moglie Elisabetta, è il gestore da 36 anni: «Non sono pronto per la pensione e il divano»


di Daniele Erler


LAVIS . «Io vorrei andare avanti ancora per quattro-cinque anni, tenere duro». Gino Rossi, classe 1950, da quasi quarant’anni è il gestore del “Bar Sport “ di Lavis. Lancia uno sguardo alla moglie Elisabetta che sta armeggiando con i bicchieri dietro al bancone. E poi guarda la sua famiglia allargata, i clienti che in questo sabato d’autunno riempiono il locale. «No, non sono pronto per lasciare, per la pensione, per accontentarmi del divano», sorride. Il “Bar Sport” ha aperto nel novembre del 1981, sono 36 anni che è nello stesso posto, nel centro di via Rosmini a pochi passi dalla cassa rurale e dall’edicola. A fine di ottobre di ogni anno Gino festeggia l’anniversario del bar con i suoi clienti, quest’anno ha servito orzetto e castagne: «Ma sì, è un piccolo regalo che faccio come segno di riconoscenza per i miei clienti – poi si corregge – per i miei amici». Che poi, qui in questo angolo fuori dal tempo di Lavis, amici e clienti si confondono, forse sono la stessa cosa. Così qualche giorno fa, sabato, il locale si è riempito con decine e decine di affezionati avventori.

In questi 36 anni ne è passata di gente al “Bar Sport”. Anche qualche politico, come Umberto Bossi o Luis Durnwalder. Una volta nei primi anni Novanta – «la data esatta non la ricordo, ma il muro (di Berlino, ndr) non era crollato da molto» – si è fermata anche una squadra di atlete russe. Dovevano raggiungere Torino per partecipare ai mondiali d’atletica ma erano rimaste senza soldi: «Abbiamo organizzato una colletta e così sono riuscite a riprendere il loro viaggio». È una delle tante storie ambientate in questo bar. L’episodio più citato è di una decina di anni fa: quando il locale ha compiuto 25 anni, Gino ha organizzato una serata con gli stessi prezzi del 1981, convertiti in euro senza tener conto dell’inflazione: per un bicchiere di vino bastavano 20 centesimi. L’iniziativa ha incuriosito anche Radio RaiDue che si è collegata in diretta con Lavis. Ma solo una cosa rende davvero orgogliosi i gestori del “Bar Sport”: «Da noi mangiano il capo d’azienda, il gran dirigente e l’operaio – dice Gino –. E noi li trattiamo tutti allo stesso modo. Perché chiunque abbia una moneta per pagarci, bè, per noi è già un signore». In quasi quarant’anni il mondo sembra cambiato: per intenderci nel 1981 negli Stati Uniti era appena stato eletto Ronald Reagan e l’Italia era scossa dallo “scandalo P2”. E anche al “Bar Sport”, con il passare del tempo, qualcosa è inevitabilmente cambiato. «Negli anni Ottanta preparavamo damigiane di vino che poi i clienti si portavano sui campi di bocce – Gino fa un gran sorriso –. Oggi no, oggi si fanno gli aperitivi, i pasti veloci: ma per molti aspetti è meglio così». E Lavis invece? «Lavis è sempre Lavis, è più grande ma ha comunque una dimensione di paese. Siamo un’isola felice qui. Leggo che in giro per il Trentino ci sono problemi di integrazione con gli immigrati. Da noi no. La nostra porta è aperta per tutti e forse anche per questo in quarant’anni di attività non abbiamo mai dovuto chiamare i Carabinieri. Si sta bene qui».

A dimostrazione del grande amore dei gestori del “Bar Sport” per il loro paese adottivo – Gino è nato a Lisignago, Elisabetta a Vipiteno – da qualche giorno su una grande parete è stata impressa una fotografia storica di Lavis. La foto è di Pier Paolo Parzian, fino al 2001 aveva il negozio proprio di fronte al bar Sport. La scena fotografata è del 1963, in piena guerra fredda. Durante la “Giornata della bontà” i lavisani portarono in piazza una “bomba H” tutta piena di caramelle. «Molti dei bambini di quella foto oggi sono clienti del “Bar Sport” e questo è straordinario», dice Gilberto Borghesi, l’artista che ha materialmente realizzato l’opera, con l’aiuto di Andrea Secci, un altro artista. Non è una semplice stampa applicata al muro. Borghesi spiega che ha ripreso le antiche tecniche della fotografia, ha sviluppato il negativo direttamente sul muro «con un colloide fotosensibile». In realtà, al di là della tecnica, conta il risultato. Quella fotografia è un legame con il passato di Lavis. Proprio come il “Bar Sport” che è una sorta di dimensione parallela dove ancora vive lo spirito più autentico della borgata.













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