Fausta Dalvit in estate sarà 49 volte nonna
Giovo. La storia di una famiglia numerosa come ormai non ce ne sono più. La dinastia iniziò nel 1949 quando a 19 anni giurò fedeltà in un casolare di Palù al ventiquattrenne Pierino
GIOVO. La storia che vi raccontiamo è quella di una famiglia che per molti aspetti sembrerebbe come le altre. Col tempo che passa, i loro ricordi, tramandati di padre in figlio, diventano però memoria collettiva. Scrivere di loro è un modo per raccontare il passato di un intero territorio, fra Lavis e la parte più bassa della val di Cembra. Immergendosi in un tempo che si sta perdendo nei ricordi, mentre le generazioni passano e tutto sta cambiando. La famiglia Dalvit – questo è il nome – ha comunque una particolarità. Con l’arrivo di altri due bimbi, la prossima estate, la bisnonna Fausta avrà 7 figli, 19 nipoti e ben 30 pronipoti.
«Quando facciamo i raduni di famiglia, c’è sempre qualcuno che manca: trovarci tutti è impossibile, servirebbe una sala solo per noi» racconta oggi Patrizia Dalvit, in una casa in pieno centro a Lavis.
Intrecci familiari
L’albero genealogico è un intreccio di rami e di nomi: e anche questo – in tempi di crisi demografica – è un’eredità del passato. Tutto parte da un casolare di campagna, all’imbocco di Palù di Giovo. È il 23 aprile 1949 e Fausta Pellegrini ha 19 anni, mentre Pierino Dalvit ne ha 24. Qualche ora prima si sono guardati negli occhi e hanno detto sì. Hanno giurato di amarsi, «nella buona e nella cattiva sorte, in ricchezza o in povertà»: e lo faranno davvero, con gli alti e bassi di ogni storia, per più di sessant’anni. La guerra è finita da poco. Il Trentino è una regione povera, scossa dall’essersi trovata all’improvviso nel cuore della storia, coinvolta più o meno direttamente in due guerre mondiali. I neo sposi vivono in casa con due dei genitori. Nel giro di pochi anni nasceranno sette figli: Assunta, Norma, Onorio, Leonora, Patrizia, Vilma e Paola. Un’altra figlia morirà a 14 mesi per la polio. Si troveranno a convivere, in dieci tutti insieme, nella stessa cucina e al calore dello stesso focolare.
«Quando mangiavamo non c’era spazio per tutti a tavola – ricorda Patrizia –. I nonni avevano il posto fisso e così anche il papà e la mamma. Noi invece ci mettevamo sparsi dove riuscivamo, litigando per stare sulla panca accanto alla stufa».
I ricordi
C’è però un ricordo che è forse il più bello. Perché è facile immaginarsi la scena, quasi come se fosse cristallizzata in una foto. Tutti i figli si ritrovavano la sera dopo cena, mentre la mamma lavorava a maglia per fare i loro vestiti, ad ascoltare le storie che raccontava il papà, Pierino, dopo una giornata passata nei campi. Prima della televisione e molto prima di internet e degli smartphone, era questo il modo per volare con la fantasia. Fra le grotte nella terra dei ciclopi, dove Ulisse accecò Polifemo. Al canto delle sirene. O con Geppetto, nello stomaco della balena: «Mischiava le storie, partiva da Pinocchio e finiva con l’Odissea. Altre ancora ne inventava. Stavamo ore ad ascoltarlo, mentre lui interpretava i personaggi, cambiando le voci». Ora Pierino Dalvit non c’è più: è scomparso cinque anni fa. Ma ha fatto in tempo a vedere la sua famiglia crescere e il mondo intorno cambiare. «Quando si era tanti in casa non esistevano gelosie. Ci si accontentava di quello che si aveva e se era poco: bè, allora lo si condivideva. Poi tutto è cambiato», dice oggi Patrizia. Le storie intorno al focolare sono state sostituite dalla televisione. Al posto delle fortezze, costruite in cucina con la legna del focolare, ora ci sono i videogiochi. I pronipoti che nasceranno la prossima estate saranno immersi in un altro tempo, con altre abitudini e con un modo di pensare, agire e vivere che sembra anni luce lontano da quei tempi. Quello che era vita ora è un ricordo. Ma tutto parte da lì: le stesse radici all’interno di una famiglia, come all’interno di una comunità. Basta solo riscoprire l’insegnamento lasciato, inconsapevolmente, dai nonni. Portarlo avanti, di generazione in generazione. Anche quando diventano bisnonni. Anche quando non ci sono più.