Calavino e gli anni dell’impegno  politico di Frioli

Calavino. Ha destato profonda impressione in paese la scomparsa (inaspettata dal momento che si era all’oscuro della malattia che l’aveva colpito da qualche anno) di Alberto Frioli, nativo di...


Mariano Bosetti


Calavino. Ha destato profonda impressione in paese la scomparsa (inaspettata dal momento che si era all’oscuro della malattia che l’aveva colpito da qualche anno) di Alberto Frioli, nativo di Calavino.

Dopo aver lasciato l’attività di consigliere comunale di Calavino fra la metà degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta, aveva ridotto la sua presenza in paese anche perché, oltre all’attività di professore di lingue all’ITI di Trento, si era dedicato quasi a tempo pieno alla sua grande passione del giornalismo sportivo, in particolare del Calcio Trento in simbiosi quasi con l’altra penna titolata dell’allora Alto Adige, quella di Gian Pacher.

Comunque Alberto faceva di tanto in tanto qualche fugace scappatina per un saluto ai parenti ed era comunque sempre presente alla cerimonia religiosa di Ognissanti sulla tomba dei cari genitori.

Al di là delle importanti responsabilità ricoperte nell’ambito del Partito Comunista Trentino a livello provinciale, Alberto aveva lasciato il segno del suo impegno politico anche in paese nel momento in cui, a metà degli anni Settanta, il PCI aveva raggiunto a livello nazionale percentuali tali da sperare nel sorpasso. Nonostante una DC imperante, spesso seminascosta in occasione delle elezioni comunali nelle liste civiche, si era dato da fare per costituire una sezione locale del PCI a Calavino, amalgamando accanto alle vecchie colonne (“Meco” = Domenico e “Gusto” = Augusto) delle giovani leve (“Giorgio”, “Mario”, “Enzo”, “Adriano”). E nonostante il controllo e il contrasto politico con la “Balena Bianca”, nel 1976 il gruppo di militanti comunisti riuscì a far eleggere in consiglio comunale ben due consiglieri, fra cui appunto Alberto, che bissò la propria elezione anche nella successiva tornata elettorale della primavera del 1980. Erano anni in cui il dibattito consiliare, sia per un divario numerico più ridotto fra maggioranza e minoranze, sia per le maggiori competenze attribuite al consiglio, andava veramente a fondo delle problematiche e quindi anche il ruolo dell’opposizione aveva un senso ed uno stimolo per far sentire la propria voce, che la gente, attraverso gli atti deliberativi, veniva a conoscere.

Un lontano ricordo di questa passione politica per il proprio territorio che Alberto ha interpretato e che con l’esempio ha cercato di trasmettere alle generazioni successive.













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