La mamma di Sofia: "So quando avvenne il contagio. E' stato come vivere un film dell'orrore"
Parlano i genitori della piccola morta per malaria: "Non crediamo ci sia stata intenzionalità, ma di sicuro un errore mortale è stato fatto. Grande il lavoro fatto da Nas e Procura, ma il silenzio dell'Azienda sanitaria di fronte alla nostra richiesta di rivedere le procedure sui prelievi ematici ci ha feriti"
TRENTO. "Il contagio della nostra bambina è avvenuto nello stesso ambulatorio in cui precedentemente era stato fatto il prelievo alla bambina del Burkina Faso ed effettuato dalla stessa infermiera. A Sofia è stata somministrata più volte dell’acqua fisiologica per poter fare il prelievo dall’agocannula. Io (mamma Francesca) ero presente e credo che quello sia stato il momento in cui è avvenuto il contagio".
È passato quasi un anno dalla morte della piccola Sofia Zago, la bimba contagiata dalla malaria nel reparto di pediatria dell’ospedale Santa Chiara. Sull’episodio la procura della Repubblica ha chiuso un’inchiesta nei confronti di una dipendente dell’ospedale e per la prima volta i genitori della bambina, la mamma Francesca e il papà Marco, raccontano la tragedia che ha colpito la loro famiglia.
"I sentimenti sono tanti: rabbia, dolore straziante, senso di ingiustizia. Non crediamo ci sia stata intenzionalità, ma di sicuro un errore mortale è stato fatto. La nostra bambina entrata in ospedale per curare un esordio di diabete è poi mancata a causa delle complicazioni della malaria contratta nel reparto pediatrico dell’ospedale S. Chiara. Sembra la trama di un film dell’orrore, ma purtroppo è quello che è successo".
"Sia i Nas, sia la Procura della Repubblica che ha condotto le indagini, hanno compiuto uno sforzo enorme per consentire di appurare la verità dei fatti e rendere in qualche modo giustizia alla nostra piccola Sofia. Altrettanto non possiamo di certo dire per quanto riguarda la condotta che sino ad oggi ha tenuto, nei nostri confronti, la struttura ospedaliera".
"A fronte delle nostre legittime istanze volte a rivedere le procedure ed i protocolli che dovrebbero disciplinare i prelievi ematici, Apss è rimasta nel più assoluto silenzio, senza nemmeno accettare un incontro con i legali ed i consulenti per discuterne. Anche quando lo abbiamo richiesto apertamente non c’è stata data nessuna risposta, come se stessimo provando a parlare con un muro. Inutile dire che il disinteresse dimostrato nei confronti di quanto abbiamo vissuto ci ha profondamente ferito. A noi è sembrato che l’Ospedale si sia sentito assolto dalla propria responsabilità con il pagamento della somma di denaro a titolo di risarcimento".