La campagna elettorale così timorosa e così dimessa
Il tono da monsignore di Fugatti che pare mettere la sordina a tutto il centrodestra cosa nasconde? E la rassegnazione silenziosa di Tonini e del centrosinistra? E il Patt dov'è?
C’è uno strano silenzio. C’è una campagna elettorale dai toni bassi, quasi impercettibili. Da un lato (il centrosinistra) si respira un’aria di remissività addirittura traboccante, dall’altra (il centrodestra-leghista) si registra solo un’attività tutta sottovoce, quasi che alzare i toni fosse un pericolo. È stato certamente il candidato presidente Maurizio Fugatti a dare questo registro alla campagna elettorale del centrodestra. E lo ha chiarito sabato sera, nel suo intervento alla “parata” elettorale delle sue nove liste, dove tutti i discorsi degli alleati sono spariti di fronte al suo tono da vecchio monsignore che tutti vuol rassicurare.
Un discorso così piatto e tranquillizzante in bocca a un leghista non si sentiva da quando la Lega è nata. Per carità, c’è da dimostrare a tutti che è ormai superata l’idea di una classe dirigente della Lega “troppo” popolana e celodurista. Ma un discorso così ricco di sonnifero da parte di un uomo del Carroccio pone degli interrogativi: occorre tranquillizzare il Trentino? C’è il timore di non riuscire a vincere o di non riuscire a vincere “bene” o di non essere ritenuti all’altezza della situazione? Occorre tener buona l’area dei moderati (estesissima in Trentino)? C’è il timore che all’ultimo momento i trentini sentano il cattivo odore di una possibile “padanizzazione” del Trentino? Che poi è quello il vero pericolo alle elezioni provinciali, visto che l’autonomia si difende finché il legame è forte con Bolzano e non quando si vede il presidente del Veneto Luca Zaia salire sulla Marmolada e issare in vetta la bandiera del Leone di San Marco, giusto?
Ebbene, Maurizio Fugatti, attentissimo anche al più piccolo segnale di sfiducia, attentissimo a non far abbaiare mai nessuno dei suoi candidati, disposto a tutto pur di allontanare dalle sue squadre chi mette zizzania, ebbene Fugatti nella sala della Cooperazione, davanti al “suo” popolo di candidati (e davanti alle telecamere) ha detto che è «prima un trentino e poi un appartenente a un partito nazionale», da vero monsignore ha ricordato che «il nostro autogoverno risale al principato vescovile» (ecco) e poi ha pure tranquillizzato i dirigenti provinciali facendo capire che non ci sarà “spoil system”, perché «molti dirigenti in Provincia sono capaci e devono essere messi in grado di poter lavorare» (timori di non avere la “macchina” dalla propria parte?). E tutto il suo discorso è stato un inno alle riforme che si otterranno senza rivoluzione.
Un discorso per abbassare ulteriormente i toni. Per mettere la sordina alla campagna elettorale. E difatti è proprio questa l’aria che si respira. Sembra che tutto sia già accaduto. Che tutti sappiano come andrà a finire. È come non ci fosse più partita. E se dentro il centrodestra troppi attori e candidati pensano solo a come dividersi le vesti del futuro governo, nel centrosinistra c’è un silenzio spaventoso, dove pare che l’unica occupazione sia quella di andare ad assicurarsi i seggi che rimarranno a disposizione.
Eppure la partita è ben diversa. Dovrebbe essere molto diversa. Se il centrodestra ha il coraggio delle proprie azioni e la voglia di governare è tempo che spieghi dove vuole andare davvero, è tempo che si metta in gioco senza fingere di essere silenzioso, è tempo che creda davvero a un “cambiamento”. E che se ne assuma la responsabilità facendo capire a tutti i trentini che non permetterà al governatore Zaia o al suo collega del Friuli Fedriga di issare bandiere del NordEst e della loro vagheggiata macroregione. E se il centrosinistra non l’ha capito è tempo che si butti dentro il ring e vada all’attacco, perché c’è una storia di autogoverno da difendere con i denti, perché dovrebbe mettere in moto un’agguerrita difesa del Trentino da qualsiasi progetto di centralizzazione padana o sovranista-salviniana. C’è il Patt di Ugo Rossi che a tratti pare accorgersi di questa straordinaria posta in palio. A tratti. Forse non abbastanza, nonostante la sua casacca sia quella autonomista per eccellenza. Forse non abbastanza perché già ha abbozzato una sorta di accordo a distanza con Svp e Lega sul piano della Regione. Chissà.
Comunque sia, come vedete, i motivi per scaldare questa campagna elettorale - e scaldarla per motivi importanti davvero - ci sarebbero. Invece continua a prevalere il tatticismo e la remissività. Il tatticismo di monsignor Fugatti che vuol cavalcare l’onda del successo nazionale della Lega, e la remissività di Tonini & co. che non vedono come rimuovere quella scia nazionale. (A proposito di Fugatti e Tonini: è una sfida fra veneti, ve ne siete accorti? Fugatti è nato a Bussolengo e Tonini è di origini venete). Rossi e gli autonomisti hanno uno spazio per riaccendere i riflettori su questioni vitali per il Trentino ma lo usano poco.
E intanto l’audience è sempre più bassa. La campagna elettorale procede senza far rumore, anche se il rumore del 22 ottobre sarà assordante. A meno che negli ultimi giorni - al di là della discesa in campo di Salvini in Trentino - non scattino anche altri elementi provenienti dalla politica nazionale, fra effetto spread e manovre difficili.
p.mantovan@giornaletrentino.it