Infiltrazioni mafiose nelle cave: 10 anni all’imprenditore Morello, 8 all’operaio Denise. A Provincia e Comune 450mila euro di risarcimento
Seconda sentenza del "Processo Perfido": risarcimenti anche a sindacati, Libera e i tre lavoratori cinesi ridotti in schiavitù
VERDETTO Arfuso condannato per mafia a dieci anni e dieci mesi
LA DECISIONE La Provincia di Trento chiede di essere parte civile
L’INCHIESTA: Cave e affari
TRENTO. Nel primo pomeriggio di oggi, lunedì 19 dicembre, è arrivato il verdetto della seconda sentenza riguardante il Processo Perfido e le infiltrazioni da parte di ‘ndrangheta nella gestione delle cave di porfido in Trentino.
La corte del Tribunale di Trento (presieduta dal giudice Stefan Tappeiner) ha condannato l’imprenditore Domenico Morello a dieci anni di reclusione e l’operaio Pietro Denise a otto anni, contestando ad entrambi l’appartenenza a un’associazione a delinquere avente stampo mafioso.
Gli imputati hanno seguito la lettura della sentenza da remoto, in videoconferenza dal carcere. A nove parti civili è stato concesso il risarcimento, compresa la Provincia Autonoma di Trento che otterrà 300 mila euro e il Comune di Lona Lases a cui spetterà la somma di 150 mila euro. Una cifra ridimensionata rispetto alla richiesta di quest’ultimo, pari a 500 mila euro.
I sindacati Cgil e Cisl, l’associazione «Libera contro le mafie» e i tre lavoratori cinesi ridotti in schiavitù (rappresentati da Bonifacio Giudiceandrea), riceveranno dei risarcimenti compresi tra i 50 mila e i 500 mila euro (corrispondenti alle richieste avanzate a fine novembre).
A Morello non è stata riconosciuta l'aggravante di essere promotore delle attività mafiose, come richiesto dai pubblici ministeri Licia Scagliarini e Davide Ognibene lo scorso 28 novembre, durante la fase della requisitoria: per lui avevano prospettato una pena di tredici anni e quattro mesi, mentre per Pietro Denise dieci anni, contestando ai due l’appartenenza a un’associazione a delinquere di stampo mafioso.