Inchiesta, l’architetto bolzanino ai domiciliari respinge le accuse: «Infondate, l’aggravante mafiosa è fantasia»
Fabio Rossa davanti al gip si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il legale: «Chiarimenti dopo che avrà letto gli atti»
TRENTO. "Le accuse rivolte al mio cliente sono totalmente infondate, e l'aggravante mafiosa appartiene a una fervida immaginazione". È quanto dichiara l'avvocato bolzanino Beniamino Migliucci dopo l'interrogatorio di garanzia dell'architetto Fabio Rossa al tribunale di Trento, dove si è presentato accompagnato dall'altro legale che lo difende, l'avvocato Luca Migliucci, in merito alla maxi inchiesta della Procura.
Davanti al gip, Rossa si è avvalso della facoltà di non rispondere, dichiarando comunque la sua disponibilità a fornire chiarimenti, dopo che avrà letto gli atti. E proprio su questo punto, i suoi avvocati hanno chiesto di dichiarare la nullità dell'interrogatorio in quanto, spiegano, visti i tempi stretti, "non c'è stata ancora la possibilità di confrontarsi sugli atti d'indagine depositati".
Nel frattempo, hanno presentato istanza al tribunale del riesame, chiedendo la revoca della misura cautelare.
Rossa, 66 anni, è agli arresti domiciliari così come il collega Andrea Saccani, entrambi dello studio "Area17" . Sono tra i più noti architetti di Bolzano e quando il tycoon austriaco Renè Benko, appoggiandosi all'esperienza e alle conoscenze di Heinz Peter Hager, decide di investire su Bolzano, sceglie loro come professionisti. Secondo gli inquirenti, avrebbero avuto un ruolo di "cerniera" fra l'imprenditoria locale e la pubblica amministrazione altoatesina, "costituendo per il sodalizio un punto di riferimento essenziale". Sempre secondo quanto acquisito in cinque anni di indagini e ore e ore di intercettazioni telefoniche e ambientali, i professionisti sarebbero riusciti ad ottenere in Comune una sorta di corsia preferenziale per far andare avanti velocemente i progetti.