Il volontario striglia la politica: «Troppi immigrati in strada, fare di più per l’accoglienza»
Luca Bronzini, coordinatore della scuola di italiano per stranieri Penny Wirton (primo a destra nella foto), sommerso dall'applauso del palazzetto. Le testimonianze di Sara Endrizzi (Intrecciante) e Anna Maria Minotti (Pronto Pia)
TRENTO. «Vediamo centinaia di persone migranti giungere a Trento dopo viaggi lunghi e faticosi, vediamo troppe di queste persone vivere in strada a Trento, e vediamo queste persone venire a frequentare i corsi di italiano come unico strumento di inclusione». Luca Bronzini, coordinatore della scuola di italiano per stranieri Penny Wirton di Trento, ha utilizzato i suoi minuti a disposizione alla cerimonia di Trento capitale europea del volontariato per parlare di integrazione, di accoglienza. E lo ha fatto con un discorso forte, sentito.
«Vediamo questi occhi spegnersi nel corso dei mesi, mesi trascorsi all'addiaccio e all'abbandono – ha detto – Sentiamo una profonda iniquità al vedere spegnersi queste energie in Italia. Sentiamo come umanamente insopportabile ostacolare le aspettative e i progetti di vita di questa umanità. Auspichiamo – ha concluso Bronzini - un maggiore impegno di chi è anche istituzionalmente preposto all'accoglienza». E la T Arena è esplosa in un applauso scrosciante.
Prima di lui avevano parlato altre due volontarie. «Esserci per noi vuol dire appartenere ad una comunità che cura e che si prende cura, provare a essere felici insieme, in compagnia». Così Anna Maria Minotti, di Pronto Pia (Persone insieme per gli anziani), "una rete di persone - ha spiegato - che da più di 15 anni si impegna a tener compagnia nelle loro case agli anziani, ad aiutarli in piccole commissioni e in impegni più o meno pesanti della loro quotidianità". "Il nostro impegno - ha spiegato la volontaria - è fare comunità, è creare benessere sociale. Il bene comune è anche questo. E questo bene comune è anche immateriale".
Sul palco del palazzetto ha portato la sua esperienza anche Serena Endrizzi della squadra di calcio Intrecciante. «È una storia di sport e inclusione, di rispetto e dialogo interculturale», ha detto, «il calcio è un modo per crescere insieme e fare squadra». «La mia esperienza di volontariato mi ha insegnato un modo di vivere e guardare lo sport dal punto di vista del suo potenziale relazionale».