Il processo A bolzano

Il padre orco condannato a nove anni di carcere

Violentò a ripetizione la figlioletta di 14 anni mettendola incinta. Alla moglie e madre (che sapeva e ha taciuto) sono stati inflitti 4 anni per concorso. Il processo si è svolto con rito abbreviato. Disposta l’assoluzione dall’accusa di incesto in quanto commesso senza «pubblico scandalo»


Mario Bertoldi


BOLZANO. Sono state confermate anche in sede di sentenza di primo grado le accuse nei confronti dell’altoatesino finito nei guai grossi con la giustizia per aver abusato sessualmente della figlioletta minorenne. Ieri mattina l’uomo ha affrontato la fase conclusiva del processo con rito abbreviato davanti alla giudice Carla Scheidle rimediando una condanna a 9 anni di reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici e una serie di provvedimenti che nella sostanza annullano lo status di genitorietà. Disposte anche alcune misure di sicurezza a pena espiata. Il conto avrebbe potuto essere anche più pesante se non fosse intervenuto il diritto dell’imputato di vedersi riconoscere lo sconto un terzo per effetto del rito scelto per il giudizio. Il procedimento penale, che prese le mosse dalla segnalazione in Procura dei servizi sociali, era stato avviato anche nei confronti della moglie, ora condannata per concorso nello stesso reato a quattro anni di reclusione.

Se non vi saranno variazioni di pena (anche nel probabile giudizio d’appello), la donna avrà comunque la possibilità di scontare la condanna chiedendo l’affidamento ai servizi sociali in prova. L’uomo, dopo un periodo di detenzione già patito in fase cautelare per pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove, dovrà invece rassegnarsi e fare ritorno in cella. Per il momento, comunque resta in libertà in attesa della conclusione dell’iter processuale e di una sentenza definitiva.

Si tratta, lo ricordiamo, di un altoatesino di mezza età imputato di violenza sessuale aggravata nei confronti della figlia che all’epoca dei fatti aveva appena 14 anni. La bambina soffrirebbe anche di problemi di carattere psichico. Due anni fa la ragazzina rimase incinta. L’imputato e la moglie decisero a quel punto di rivolgersi ad un medico per farla abortire ma l’intervento degli operatori sociali permise di scoprire il dramma. Vi fu una segnalazione immediata alla Procura della Repubblica che avviò una serie di accertamenti. Le analisi del Dna portarono ad accertare inequivocabilmente il caso di incesto e l’uomo finì come detto in carcere su ordinanza di custodia cautelare.

L’inchiesta avrebbe accertato che l’uomo era solito abusare sessualmente della figlia dal 2017. Violenze e abusi proseguiti sino a due anni fa. Secondo l’accusa dal 2018 anche la moglie avrebbe avuto cognizione del comportamento del marito. Invece di rivolgersi alle autorità competenti ed ai servizi sociali, la coniuge avrebbe però preferito accettare la situazione sconvolgente e rimanere in silenzio, permettendo al marito di abusare della figlia nel letto matrimoniale. Ecco perchè ieri è stata condannata per concorso nello stesso reato del marito (violenza sessuale aggravata) seppur con una graduazione di pena più lieve. La donna, infatti ammise di aver intuito il menage imposto dal marito e di aver preferito tacere, lasciando all’uomo e alla figlia il letto matrimoniale, sistemandosi ogni notte sul divano. L’interruzione della violenza sessuale avvenne soltanto un paio di anni fa quando la ragazzina evidenziò di aspettare un bambino. A rendere, se possibile, ancora più sconvolgente il comportamento del padre c’è anche il fatto che la vittima soffrirebbe di problemi di carattere psichico con evidenti ritardi della sfera cognitiva. Comprensibilmente il caso è trattato con molta riservatezza a palazzo di giustizia.

L’uomo non ha mai ammesso le proprie responsabilità neppure di fronte ad elementi d’accusa schiaccianti. Tra il resto l’imputato è stato assolto dall’accusa di incesto contemplato all’articolo 564 del codice penale. La giudice ha ritenuto che non fosse perseguibile in quanto commesso senza “pubblico scandalo” così come ancora prevede il nostro ordinamento.













Scuola & Ricerca

In primo piano