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Commissione provinciale pari opportunità: «La cultura di parità e di diritti passa dalla lingua»

Dopo la scelta di UniTn di usare il femminile sovraesteso, la Cpo ha dichiarato che la cultura della parità, e dei diritti alla parità, passa in primo luogo dalla lingua e dal suo uso



TRENTO. "La presenza delle donne nelle istituzioni e nelle professioni, sempre più frequente anche ai vertici, ha bisogno di essere nominata. In tal modo l'uso diventa normalità, e la forma femminile non “suonerà più male”. Il "si è sempre fatto così” non regge, dal punto di vista della linguistica. Non vale nemmeno la motivazione che il ruolo sia neutro. Come tutte le parole, anche il ruolo, professionale o politico, viene declinato a seconda della persona che lo impersona". Lo scrive in una nota la Commissione provinciale pari opportunità (Cpo) della Provincia di Trento dopo il dibattito nato dalla scelta dell'Università di Trento di usare il femminile sovraesteso all'interno del Regolamento di ateneo.

"Inoltre, la lingua è strumento di pensiero e attraverso la lingua si struttura la visione del mondo. Per questo motivo "non c'è ben altro”. Una denominazione corretta, sotto il profilo grammaticale, è il punto di partenza per costruire una visione del mondo paritaria, in cui una donna venga nominata come assessora, sindaca, consigliera, comunicando in modo corretto la sua identità. La cultura della parità, e dei diritti alla parità, passa in primo luogo dalla lingua e dal suo uso", conclude la Cpo.













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