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Balmamion e Saronni nella Hall of Fame del Giro d'Italia

Le due leggende del ciclismo premiate oggi al Festival dello Sport



TRENTO. Franco Balmamion e Giuseppe Saronni, due leggende del ciclismo, sono entrate oggi nella Hall of Fame del Giro d'Italia. L’ingresso “ufficiale” è avvenuto al Festival dello Sport. Ricordi, aneddoti e soprattutto emozioni hanno accompagnato l’evento al Palazzo della Provincia, dove i due campioni hanno dialogato con il vicedirettore de La Gazzetta dello Sport Pier Bergonzi e con il direttore del Giro d’Italia Mauro Vegni, con la moderazione del giornalista della “Gazzetta” Antonino Morici.
Ricordi come quella volta che Saronni chiese scusa a Gimondi per averlo battuto in pista a Milano; aneddoti come quando i corridori andavano a farsi la doccia a casa di Balmamion; emozioni come quando i due campioni ospiti del Festival hanno ricevuto, fra gli applausi e le foto del pubblico in piedi, il trofeo che “suggella” la loro entrata nell’“arca della gloria”, la Hall of Fame del Giro voluta dieci anni fa da La Gazzetta dello Sport e inaugurata con il grande Eddy Merckx, per proseguire con nomi del calibro di Gimondi, Roche, Moser, Baldini, Hinault, Indurain, Adorni e Motta.

Nomi che hanno fatto la storia del ciclismo, ripercorsa oggi nelle generazioni di Balmamion e Saronni. Tempi in cui gli sportivi correvano per passione ma avevano un altro lavoro, come Balmamion, operaio alla Fiat che prese aspettativa per poter correre e attese la prima vittoria al Giro per lasciare l’azienda. O come Saronni, tecnico per la Olivetti che si allenava qualche ora in settimana per gentile concessione di un titolare appassionato.
“Era un altro ciclismo”, ha ricordato Franco Balmamion, originario di Nole Canavese (Torino), classe 1940, il più anziano vincitore della corsa rosa. “Allora avere un lavoro era molto importante, non c’era solo la pratica sportiva”. Professionista dal 1961 al 1972, Balmamion ha vinto due edizioni consecutive del Giro, nel 1962 e 1963, in entrambi i casi senza conquistare alcuna tappa. È stato l’ultimo italiano, sinora, a riuscirci.
Più recente, ma non troppo, il ciclismo ricordato da Saronni, professionista dal 1977 al 1990 e protagonista con Francesco Moser di una delle più avvincenti rivalità sportive, dividendo tifosi e appassionati. Saronni ha vinto il Giro d’Italia nel 1979 a 21 anni, terzo più giovane di sempre dopo Coppi e Marchisio. Fra i tanti altri risultati, nel 1982 ha indossato la maglia di Campione del Mondo.
“Ricordo – ha raccontato Saronni – quando a seguire il ciclismo veniva tanta, davvero tanta gente sulle strade, sulle salite, fra tifo bello e alcuni episodi anche poco piacevoli. Voglio ricordare però oggi la passione, l’incitamento ai corridori e le discussioni al bar, che un tempo non erano solo sul calcio.”
Non poteva mancare il riferimento a Francesco Moser: “Tranquilli – ha detto Saronni – Francesco passerà a salutarmi, non abbiate dubbi. C’è un filo che ci lega e guarda caso questo trofeo d’ingresso nella Hall of Fame lo ritiro a Trento.”
Ma il momento più emozionante, oggi, è stata proprio la consegna dei trofei.
“Chi vince il Giro d’Italia – ha detto il vicedirettore de La Gazzetta dello Sport Pier Bergonzi – diventa per noi “uno di famiglia” e per gli appassionati diventa come un amico.”
Oggi quindi il riconoscimento di due miti del ciclismo, due testimoni dello sport di ieri ma anche di oggi perché, come ha detto il direttore del Giro d’Italia Mauro Vegni, “si deve partire dalla storia per esplorare nuovi orizzonti. La gente – ha aggiunto Vegni – sta tornando sulle strade a seguire il ciclismo; non solo i grandi appassionati ma anche le famiglie con i bambini.”













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