Arco, la coop Codess di Villa San Pietro condannata per mobbing ai danni di una lavoratrice
La donna sarebbe stata sottoposta a dequalificazione e a condotte umilianti
ARCO. “E’ di pochi giorni fa un’importantissima sentenza, la n. 78/2022 del 18 ottobre 2022, emessa dal Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto, in favore di una lavoratrice con mansioni di impiegata presso la Codess Sociale Società Cooperativa Sociale Onlus che gestisce la struttura sanitaria di Villa San Pietro ad Arco”. Lo scrive in una nota Fulvio Flammini, del Sindacato di Base Multicategoriale – Trento.
La cooperativa di Padova è stata condannata per “dequalificazione professionale” e per “mobbing”, e sarà obbligata a risarcire la propria lavoratrice, difesa dagli avvocati Nadia Concer (che collabora con il Sindacato di Base Multicategoriale) e Silvia Widmann, entrambe del foro di Trento.
Il giudice della città della quercia, competente per territorio ed adito dalla lavoratrice (iscritta a SBM), dopo l’istruttoria testimoniale, ha ritenuto che “Devono, in definitiva, ritenersi pienamente dimostrate tanto la dequalificazione della ricorrente, quanto la sottoposizione della stessa a condotte mobbizzanti”.
Continua Flammini: “La lavoratrice, a decorrere dal 1° giugno 2019 aveva subito una modifica di mansioni concretizzatasi in un vero e proprio demansionamento costituito da un progressivo e pianificato svuotamento delle mansioni alla medesima affidate per contratto, poi culminato “nella sottrazione di tutti gli incarichi di responsabilità e coordinamento”. Contestualmente, la cooperativa CODESS aveva sottoposto la sua dipendente “a plurime condotte umilianti che le avevano causato rilevanti conseguenze anche sul piano personale”, al punto che la stessa si era dimessa dall’azienda in data 27 settembre 2020”.
La direzione aziendale si è difesa negando qualsiasi condotta mobbizzante e sostenendo che il presunto “demansionamento” altro non era che l’applicazione di una precisa richiesta dell’Azienda Provinciale per il Servizi Sanitari della P.A.T. che aveva obbligato la cooperativa a togliere o incarico di coordinamento e responsabilità alla lavoratrice ricorrente.
L’istruttoria condotta dal giudice dottor Michele CUCCARO ha dimostrato il contrario. I testi escussi durante il processo hanno smentito tutte le argomentazioni difensive della controparte convincendo il magistrato a dare credito e ragione alla lavoratrice.
“La condanna è stata durissima – conclude Flammini -, attese le somme risarcitorie riconosciute alla dipendente mobbizzata e demansionata nonché alle spese legali.
Ma ancor più importante è il valore giuridico e sindacale della sentenza che, fra le poche esistenti nella nostra Provincia, finalmente riconosce che il demansionamento e la dequalificazione di un lavoratore dipendente, sostenuta da condotte “umilianti” , costituisce a tutti gli effetti MOBBING e trova ristoro nelle decisioni della magistratura che ha riconosciuto il danno biologico, morale ed esistenziale in comportamenti quali quelli a cui è stata sottoposta la lavoratrice.
Un grazie va espresso anche in favore dell’avv. Nadia CONCER, che ha svolto un enorme lavoro di cernita della documentazione fornitale dalla dipendente e dal Sindacato, ed alla medesima lavoratrice per il coraggio dimostrato nell’intera vicenda”.