Anziana fatta a pezzi, la figlia resta in carcere: «Vi ho rovinato la vita a tutti»
Per il gip i "motivi fondanti" dell'omicidio sono "da ricondursi all'assoluta incapacità dimostrata dall'indagata nel sopportare il decadimento fisico e mentale altrui”
MILANO. Il gip di Milano Giulio Fanales ha convalidato il fermo e disposto la misura cautelare in carcere per omicidio volontario aggravato e vilipendio di cadavere aggravato per Rosa Fabbiano, 58 anni, finita a San Vittore per aver ucciso l'anziana madre Lucia Cipriano, 84 anni, trovata morta, dopo circa due mesi, e fatta a pezzi nella vasca da bagno della sua abitazione di Melzo, nel Milanese.
Ieri, 29 maggio, la donna nell'interrogatorio davanti al giudice, alla presenza anche dell'aggiunto Laura Pedio e del pm Elisa Calanducci, titolari dell'inchiesta condotta dai carabinieri, si era avvalsa della facoltà di non rispondere, così come già aveva fatto davanti agli inquirenti nella serata di giovedì scorso.
I "motivi fondanti" dell'omicidio sono "da ricondursi all'assoluta incapacità dimostrata dall'indagata nel sopportare il decadimento fisico e mentale altrui e, in particolare, di coloro che le sono affettivamente legati". Lo scrive il gip di Milano Giulio Fanales, spiega l’Ansa, nell'ordinanza di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare in carcere e, in particolare, nella parte in cui mette in luce il pericolo di reiterazione del reato da parte della donna.
"Esiste un concreto ed attuale pericolo di commissione di reati della medesima specie - scrive il giudice - desumibile, in primo luogo, dai motivi fondanti l'agire delittuoso in parola, da ricondursi all'assoluta incapacità dimostrata dall'indagata nel sopportare il decadimento fisico e mentale altrui e, in particolare, di coloro che le sono affettivamente legati". Circostanza tale, secondo il gip, "da fare ragionevolmente presumere la possibilità del ripetersi di simili azioni a fronte di una qualsivoglia condizione similare in cui l'indagata possa venirsi a trovare nelle usuali ed alterne vicende di vita".
Il marito di Rosa Fabbiano ha messo a verbale "di avere sempre osservato la moglie occuparsi in via esclusiva della suocera", che aveva altre due figlie, e di avere saputo da lei "alla fine del mese di marzo, che la madre" sarebbe stata "ricoverata all'interno di un centro di assistenza e cura non meglio precisato", così diceva, "in ragione del deterioramento delle sue condizioni psichiche".
E sempre l'uomo ha raccontato "di avere constatato, a seguito di ciò, che la moglie mostrava particolare ritrosia nel parlare ulteriormente della suocera, a detta di lei oramai non più curabile, perché affetta da una forma irreversibile di demenza".
La testimonianza del marito della donna si legge nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip di Milano Giulio Fanales.
Il 26 maggio scorso, quando un'altra figlia della donna, che vive a Trento, era arrivata a Melzo perché non riusciva più a contattate la madre da un paio di mesi, Rosa Fabbiano l'ha portata nella casa dell'anziana ripetendole, però, "No, non andare in bagno", dove il cadavere dell'84enne è stato poi ritrovato.
Poi, fuori dall'abitazione Fabbiano era fuggita via: si è anche avvicinata "ad un fossato presente nelle vicinanze", spiega il gip, e ha tentato "di gettarsi, venendo però trattenuta per la maglietta dalla sorella".
E' in quel momento che avrebbe detto: "Sono stanca. Ho fatto un disastro! Vi ho rovinato la vita a tutti".
La figlia avrebbe ucciso la madre, come si legge nell'imputazione, "facendola prima adagiare all'interno della vasca da bagno" e dopo "coprendola con un telo in cellophane, che fissava ai bordi della vasca con del nastro adesivo, in modo da non far passare aria".
E poi avrebbe mutilato "il cadavere" e "lo occultava, mantenendolo all'interno della vasca da bagno, sigillata da un telo di cellophane e celando la morte della donna agli altri congiunti". Oltre a "guanti in lattice" e "segni di bruciatura" sui vestiti dell'anziana, i carabinieri hanno anche trovato sul bordo della vasca "una lama per seghetto della lunghezza di 31 cm".
E poi un'altra "sega con lama metallica lunga complessivamente 45 cm".
L'altra figlia Loredana Fabbiano, che vive a Trento e che il 26 maggio arrivò a Melzo perché non riusciva più a sentire la madre, ha raccontato agli inquirenti che era riuscita a sentire la madre "per l'ultima volta al telefono" il 22 marzo e che la sorella Rosa l'aveva "informata" del "notevole peggioramento delle condizioni psicofisiche della madre". Il 12 aprile, poi, sempre Rosa ha detto alla sorella "di avere portato la madre a casa propria, per poterla accudire più agevolmente". E poi con messaggi le aveva riferito "l'intenzione di collocare la madre all'interno di una residenza sanitaria".
Tutte informazioni false, secondo le indagini, per coprire il delitto che la donna potrebbe aver commesso già a fine marzo. A fronte delle richieste "insistenti della sorella circa le condizioni della madre" la 58enne "rispondeva in modo evasivo, facendo riferimento ad una presunta positività al Covid, oppure ad un asserito ricovero della stessa presso il reparto psichiatrico dell'Ospedale di Melegnano".