Guerra fra privati e climber il Comune fa da mediatore
Il caso a Laghel. Sul terreno della famiglia Casali-Morandi è stata aperta un’importante via I proprietari, stufi di subire angherie, hanno chiuso l’accesso. Ora Zampiccoli cerca una soluzione
Arco. Come ha di recente titolato un’importante rivista di montagna, “Mount live”, a Laghel è stata aperta una nuova via: quella della trattativa. Pare infatti che la guerra scoppiata da tempo fra i climber e la famiglia Casali-Morandi, proprietaria dei terreni su cui si trova una delle falesie più importanti d’Europa, se non del mondo, stia per concludersi. Un’impressione che ha avuto anche Roberto Zampiccoli, presidente della commissione comunale per l’arrampicata.
Comportamento biasimevole
La guerra era stata innescata dal comportamento poco rispettoso di alcuni appassionati che, incuranti del fatto di trovarsi su un terreno privato, si abbandonavano ad atti di maleducazione e di inciviltà che hanno finito per indispettire i proprietari: automobili parcheggiate sul ciglio della strada in posizioni tali da impedire l’accesso ai mezzi agricoli, immondizie disperse un po’ dappertutto, deiezioni umane in tutti gli angoli. Una situazione non più tollerabile, alla quale i privati hanno messo fine impedendo fisicamente ai climber di mettere piede sulla loro proprietà e di raggiungere quello sperone roccioso in mezzo al bosco che per le sue peculiarità orografiche è considerato dagli appassionati di arrampicata uno dei luoghi più affascinanti del pianeta da sfidare: lì si trova infatti il primo 9b di Arco, la Queen Line, via chiodata da Mauro Mabboni e liberata da Adam Ondra nel 2017. Di più: gli esperti sono sicuri che sempre lì sia possibile ricavare anche una 9c, che farebbe di quella parete la falesia di arrampicata più importante d’Europa. Un’occasione straordinaria per rafforzare l’immagine di Arco come vero e proprio paradiso del climbing moderno, un’opportunità da sfruttare per richiamare sull’alto Garda il meglio degli atleti internazionali, che solo qui potrebbero trovare qualcosa di adatto alle loro capacità.
Ipotesi per la riapertura
Ecco perché Roberto Zampiccoli, su incarico del sindaco Alessandro Betta e forte del sostegno del presidente di Garda Trentino Marco Benedetti, ha provato a sondare la proprietà sull’ipotesi di riapertura, rilevando una sostanziale disponibilità: «Loro – ha spiegato – sono giustamente stanchi di subire angherie da parte di climber che si comportano come se fossero a casa loro. Inoltre hanno iniziato a dissodare i terreni superiori per piantare un vigneto e temono che i lavori potrebbero provocare la caduta di materiale e qualche danno a chi arrampica più in basso. In tutta sostanza chiedono una maggiore copertura assicurativa, la realizzazione di un’area autorizzata in cui lasciare le automobili e soprattutto l’installazione di un wc chimico».
Le soluzioni
Le soluzioni sono a portata di mano: è già allo studio l’ipotesi di creare una fermata alla chiesetta di Laghel per il nuovo pullmino elettrico che porterà i visitatori al castello; in questo modo il veicolo potrebbe essere messo al servizio anche dei climber che salirebbero in piazza in centro ad Arco e verrebbero trasportati direttamente in loco senza avere il problema di lasciare l’auto da qualche parte per poi tornare a valle senza difficoltà. Inoltre nella Variante 15 è stato individuato un terreno che, una volta ceduto per perequazione, potrebbe diventare un’area di sosta più che adeguata. Nulla insomma di apparentemente irrealizzabile.
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