Dopo le accuse di caporalato il sequestro di 300 mila euro
Riva. La vicenda smascherata dalla Guardia di finanza a Riva sul finire del novembre scorso aveva fatto emergere una incredibile situazione lavorativa in un locale del pieno centro rivano, il Sushiko....
Riva. La vicenda smascherata dalla Guardia di finanza a Riva sul finire del novembre scorso aveva fatto emergere una incredibile situazione lavorativa in un locale del pieno centro rivano, il Sushiko. Le indagini avevano portato all’accusa di caporalato per due persone che gestivano i rapporti con i lavoratori dipendenti in maniera del tutto illegale. Secondo le indagini portate avanti dalle Fiamme gialle i lavoratori, dodici pakistani, erano costretti a restituire parte dello stipendio formalmente promesso e non avevano accesso ai minimi diritti previsti dal contratto, come ad esempio alla malattia retribuita o ad un orario consono di lavoro. Non solo. Erano costretti a vivere stipati in un appartamento affittato dallo stesso datore di lavoro in condizioni inappropriate.
Tutta una serie di inosservanze legali che hanno creato anche un seguito amministrativo all’operazione chiamata “Giardino orientale” e che in origine aveva portato all’arresto di due persone, accusate dello sfruttamento dei lavoratori. Di fatto la Guardia di finanza è stata chiamata a calcolare a quanto ammontasse il vantaggio indebito conseguito dalla società con il suo comportamento illegale, arrivando alla cifra di 310.144,22 euro.
A questo punto il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Rovereto ha disposto dunque il sequestro preventivo di conti correnti, titoli o altri beni fino a raggiungere la cifra che dovrà essere versata.
La Guardia di finanza ha individuato poco meno di 50 mila euro da bloccare, mentre il rappresentante legale della società ha dichiarato la disponibilità di versare 5 mila euro ogni mese su un conto particolare monitorato appunto dalle Fiamme gialle fino al raggiungimento della cifra complessiva. Questo aspetto si rende utili per evitare di bloccare l’attività della società, eventuali assunzioni e pagamenti degli stipendi. Per questo il giudice del tribunale di Rovereto ha accettato la richiesta.
Il fatto aveva creato molto scalpore perché ha scoperchiato una realtà davvero impensabile tra i locali e i ristoranti rivani. Le condizioni in cui erano costretti a lavorare i dipendenti assunti dal locale sembravano arrivare direttamente dalla notte dei tempi, quando di diritti per i lavoratori nemmeno si osava parlare. Orari da incubo, malattie non riconosciute, moduli firmati in bianco pronti per licenziamenti illegali: il tutto nel silenzio dei lavoratori che per un misero stipendio sopportavano tutto, fino allo sfogo di uno di loro che, esasperato, ha dato modo alla Guardia di finanza di intervenire e porre fine all’incubo.