Centauri, Circe, Eros e Psiche: ogni galleria ha il suo nome 

Ruote sulle Gardesane da 22 a 2. L’epica costruzione della strada panoramica si riflette anche sulle denominazioni Settanta tunnel scavati nella roccia su 8 chilometri di tracciato. Un cantiere imponente che richiese anche 11 vittime


Donato Riccadonna


Alto garda. Acli, Teti, Eutemia, Centauri, Ciclopi, Circe. E ancora Eros, Psiche, Amaltea, Deiopea, Elidi e infine Panda. Acli è la prima a Gargnano e Panda la 70ª prima di entrare a Riva del Garda. Sono alcuni dei 70 nomi molto evocativi delle gallerie della Gardesana occidentale, che scorrono in roccia per un totale di quasi 8 chilometri; questi nomi furono messi dal progettista della strada Riccardo Cozzaglio attingendo dal padre buon latinista. Già solo conoscere e recitare ad alta voce i nomi delle gallerie fa capire che la costruzione della strada è stata un evento epocale. La data da segnare sul calendario è l’11 agosto 1928, quando si gettarono le basi del “Consorzio interprovinciale per la strada Gargnano-Riva”, che doveva sostenere l’iniziativa. La Gardesana occidentale si colloca nel clima di innovazione in materia di viabilità avviato in Italia tra il 1864 e il 1904, che portò la rete stradale italiana da 22.500 a 26.100 chilometri, e che prevedeva strade con una larghezza massima di 7 metri, una pendenza massima del 5%, ad eccezione dei tratti in montagna (7-15%) e la pavimentazione in macadam; la manutenzione era continua e affidata a cantonieri alloggiati nelle apposite case cantoniere dislocate ad intervalli regolari.

La pistola sotto il cuscino

Riccardo Cozzaglio, ingegnere e direttore dei lavori della Gardesana occidentale, cercò di coniugare l’aspetto tecnico costruttivo con quello paesaggistico e morfologico della fascia costiera del lago, ma il tutto fu frutto della sua tenacia.

Per capire meglio questa situazione, a metà degli anni ’60 Cozzaglio fu sindaco di Gardone e raccontava che per tre anni durante la costruzione della strada dormì con la pistola sotto il cuscino, deciso a spararsi se la sua audacia e la sua ostinazione avessero provocato una catastrofe, cioè se la montagna fosse franata trascinando nel lago le centinaia di operai che stavano lavorando. Per capire bene la situazione erano ben 2500 gli operai divisi in sei cantieri e che erano impiegati nello scavo di migliaia di metri cubi di roccia e nella costruzione della strada. Il risultato finale è uno spettacolare belvedere tra roccia e acqua che si esalta ad ogni uscita di galleria scolpita negli strati calcarei di varie tipologie e che crea una suggestione continua tra scorci e ampie visioni. Così è stata concepita la Gardesana nella mente del progettista e il risultato è di assoluto valore tecnico. Dal punto di vista altimetrico a Gargnano la strada è a 71,09 metri sul livello del mare per passare a 82,80 a Riva del Garda. Al porto di Tremosine c’è la quota minima di 66,00 e a Piazza, sotto l’altopiano di Tignale, c’è quella massima con 184,79 mslm. L’inaugurazione si tenne il 18 ottobre 1931.

Le gallerie, i ponti e gli alberi

La progettazione delle gallerie ha rappresentato il tema centrale e la fattibilità dello scavo è stato l’aspetto più impegnativo del progetto e a quell’epoca si poteva fare tesoro delle esperienze maturate in Italia nel corso dello scavo dei grandi trafori alpini. Tutte brevi e a poca distanza le gallerie senza rivestimento sono una testimonianza unica dell’ingegnosità a servizio del paesaggio di roccia dove il disegno irregolare dell’arco si sposa con l’irregolarità del profilo delle pareti rocciose; quindi ci voleva molta perizia costruttiva ed attente indagini preliminari. In condizioni di spinta fratturazione e in presenza di strati sottili, le gallerie hanno dovuto essere rivestite e essere costruite più strette come quella di Gargnano. Gli altri manufatti, come muri di sostegno e di sottoscarpa o ponti, sono stati eseguiti con pietra locale e con il minor impatto visivo possibile. A completamento del progetto tra il 1932 e il 1936 ci fu il rimboschimento dei versanti a cura dell’ingegner Giulio Angelini, che portò alla piantumazione di 250 mila alberi, cipressi lungo la sponda e pini neri sui pendii.

I morti

Furono 11 i morti ed i loro nomi sono scolpiti nel monumento posto al confine di Regione tra la Lombardia e il Trentino Alto Adige: Enrico Tonolini da Brescia di 23 anni, Gian Battista Tirelli da Dello di 45 anni, Lorenzo Inversini da Mazzuno di 41 anni, Alessio Poinelli da Tignale di 18 anni, Costantino Bortoli da Tignale di 19 anni, Ferdinando Merci da Grezzana di 61 anni, Domenico Cobelli da Gargnano di 21 anni, Luigi Zanelli da Limone di 17 anni, Stefano Degani da Bagolino di 24 anni, Mario Zeni da Bolognano di 20 anni e Giacomo Bonazzi da Tignale di 16 anni.















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