Agitu, 20 anni di carcere all’uomo che confessò l’omicidio, riconosciuta la violenza sessuale
La pena inflitta a Suleiman Adams è stata superiore alla richiesta della pubblica accusa. La difesa valuta il ricorso
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TRENTO. Una sentenza scontata nell'esito, non nell'entità della condanna per la morte di Agitu Ideo Gudeta, la pastora etiope di 44 anni barbaramente uccisa a martellate il 29 dicembre del 2020 nella sua abitazione di Frassilongo, in valle dei Mocheni, uno degli scorci più suggestivi del Trentino.
Nel primo pomeriggio di oggi, al termine del procedimento con rito abbreviato, il giudice Enrico Borrelli ha condannato a 20 anni di reclusione Suleiman Adams, 34 anni, il collaboratore di Agitu che aveva confessato poche ore dopo il delitto. Adams dovrà anche risarcire con 50.000 euro a testa i fratelli e la sorella della giovane imprenditrice diventata simbolo di integrazione. Dettaglio non irrilevante: la pena inflitta al giovane ghanese, cui non sono state riconosciute neppure le attenuanti generiche, è stata superiore alla richiesta della pubblica accusa. Il pm Giovanni Benelli, infatti, aveva chiesto una pena complessiva di 19 anni e 4 mesi, 15 per l'omicidio volontario e 4 anni e 4 mesi per il reato di violenza sessuale.
Soddisfatti per la sentenza Andrea de Bertolini, Elena Biaggioni e Giovanni Guarini, gli avvocati di parte civile che rappresentano i familiari di Agitu, assenti in aula: "Sono state riconosciute tutte le nostre richieste - ha detto l'avvocato Guarini - in particolare è stata rilevata la gravità della violenza sessuale". Quasi certo che Nicola Zilio, legale di Adams, impugnerà la sentenza non appena verrà depositata: "Il clamore mediatico suscitato da questa vicenda ha pesato - il commento dell'avvocato - il pm ha fatto una richiesta severa e il giudice è andato oltre, a dimostrazione dell'estrema serietà con cui è stato affrontato questo procedimento".
La difesa del giovane ghanese ha puntato molto sul movente economico. Adams era emigrato in Italia per lavorare come bracciante agricolo e dopo aver lavorato in Calabria e in Liguria era arrivato in valle dei Mocheni: "Da due mesi e mezzo non riceveva lo stipendio, circa 2.000 euro, come dimostrano anche i movimenti bancari", ha insistito Zilio in aula, ricordando come quei soldi servivano all'imputato per mantenere i quattro figli ed altri familiari nel piccolo villaggio ghanese da dove era partito. Proprio i mancati pagamenti - per la difesa - avrebbero scatenato la furia omicida. Per le parti civili l'omicidio e la successiva violenza sessuale, probabilmente quando Agitu era ancora agonizzante, non potevano non essere considerati nella loro unicità.